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Attualità domenica 15 marzo 2020 ore 07:45

Napoleone Bonaparte e i francesi a Piombino

Su #tuttoPIOMBINO Gordiano Lupi ci racconta un pezzo di storia della città "Napoleone Bonaparte e i francesi a Piombino"



PIOMBINO — Prima parte 

Napoleone quando calò in Italia alla testa di un agguerrito esercito francese era un giovane generale di 27 anni, nato ad Aiaccio il 15 agosto 1769 da Carlo Bonaparte e Letizia Ramolino. Nessuno avrebbe potuto immaginare quel che sarebbe diventato e lo scompiglio che avrebbe prodotto in Europa il suo coraggio e la sua smisurata ambizione. 

Di famiglia nobile ma non ricca, frequentò scuole militari, secondo di tredici figli, di cui soltanto otto sopravvissero al padre: Giuseppe, Napoleone, Luciano, Gerolamo, Marianna (che cambiò nome in Elisa e divenne Principessa di Piombino), Paolina e Maria Annunziata (cambiò nome in Carolina). Si diplomò sottotenente d’artiglieria, fu promosso generale di brigata per meriti acquisiti sul campo, domò la sollevazione monarchica del 1795, infine fu nominato generale dell’esercito francese in Italia. Napoleone prima di partire per l’Italia sposò Giuseppina Tascher de la Pagerie, vedova del generale Visconte di Beauharnais, madre di Eugenio e di Ortensia, che divennero il primo viceré d’Italia e la seconda Regina d’Olanda. Napoleone prese il comando dell’esercito a Nizza, vinse le battaglie di Montenotte, Millesimo e Mondovì (12 - 22 aprile 1796), conquistò Milano, vinse a Castiglione, Arcole, Rivoli, Mantova, sulle rive del Tagliamento, costringendo l’Austria a firmare il trattato di Campoformio.

La situazione non piaceva agli inglesi che non avevano gradito la buona accoglienza fatta dal granduca di Toscana Ferdinando III al Bonaparte, anche perché temevano la presenza francese nel porto di Livorno, la relativa influenza sulla Toscana e la possibilità che occupassero anche Portoferraio. Le milizie britanniche sbarcarono all’Isola d’Elba, invasero militarmente Portoferraio e imposero l’autorità di Sua Maestà Britannica. Lo storico elbano Ninci racconta che la dominazione inglese recò molti danni perché incentivò l’infingardaggine popolare di una terra che aveva raggiunto il numero esorbitante di diecimila abitanti. Gli inglesi occuparono anche altre città dell’Elba come Rio, Marciana e Campo, ma non si limitarono all’Isola, vollero sbarcare anche a Piombino e prendere possesso della capitale. 

I piombinesi non protestarono più di tanto perché i britannici erano padroni più liberali di spagnoli e francesi, i soldati non compivano soprusi e i generali pagavano regolarmente tutto quel che compravano nelle botteghe. Gli inglesi furono accolti come liberatori venuti per impedire le scorrerie dei francesi in Maremma e si sentirono legittimati a invadere anche Campiglia e Castiglion della Pescaia. Il Granducato di Toscana vedeva la presenza di due eserciti occupanti, cosa che produceva scarsità di vettovaglie e di denaro, oltre a insicurezza fisica delle popolazioni. La vittoria dei francesi dopo un conflitto duro e prolungato impose agli inglesi di abbandonare Corsica, Capraia, Piombino, Campiglia ed Elba, per volgere la prua delle navi in direzione di Gibilterra. Gli Stati italiani vivevano tempi di generale incertezza, in balia del potente invasore. Il Principe di Piombino non se ne curava, continuava a vivere a Roma, immerso nei lussi, ed emanava ridicole e inutili disposizioni inerenti problematiche assurde, come il divieto dei baciamani.

Napoleone Bonaparte continuava la sua guerra contro l’Inghilterra che voleva colpire in Egitto, in pieno Mediterraneo, cuore del suo potere economico. Il generale approfittò di un’accesa diatriba tra repubblicani e papisti, all’interno dello Stato della Chiesa, per occupare Roma con la scusa di vendicare l’uccisione del generale francese Duphot, intervenuto per placare gli animi. I soldati francesi saccheggiarono la città, dichiararono decaduto il potere temporale del Papa e proclamarono la Repubblica di Roma. Pio VI non accettò il fatto compiuto, quindi venne invitato a salire in carrozza e a riparare in Toscana. La Repubblica Romana nasceva sotto cattivi auspici, ché le condizioni economiche dello Stato erano da bancarotta per colpa del malgoverno papale. Il potere repubblicano impose nuove tasse, requisì preziosi ai nobili e decretò prestiti forzosi per la cittadinanza più facoltosa. Non era mai accaduto a Roma che i ricchi, i nobili e le famiglie papaline pagassero così tante tasse. Il provvedimento impositivo colpì gente nobile come i Colonna, i Doria Pamfili, il Principe di Piombino e il Principe Borghese. Don Antonio Boncompagni doveva pagare ben 130.000 scudi (che non possedeva) e - vista la renitenza a versare la somma - fu arrestato e imprigionato.

Nel 1799, i francesi occuparono il Granducato di Toscana, entrando in Firenze senza colpo ferire, con il pretesto che la città aveva dato asilo a Pio VI e che le navi napoletane presidiavano Livorno e compivano atti di pirateria. Piombino fu occupata il 27 marzo del 1799, due giorni dopo Firenze, dove il piccolo presidio napoletano si arrese senza combattere, vista la disparità di forze. Fuggirono i ministri del Principe, anche a Piombino fu proclamata la Repubblica e sul piazzale della Cittadella venne piantato l’albero della libertà. 

I francesi occuparono anche Portoferraio e Longone, assicurandosi il dominio dell’Isola d’Elba e della navigazione sul canale di Piombino. Il generale Miollis fece affiggere un manifesto in tutte le terre elbane nel quale asseriva che i francesi erano loro fratelli, che avrebbero rispettato i loro usi, le loro proprietà e la loro religione, aggiunse che erano venuti all’Elba per preservare i cittadini residenti da ogni attacco. Non tutti gli elbani si lasciarono convincere, da sempre abituati a un’indipendenza quasi totale, molti avrebbero preferito restare sotto il pacifico dominio di don Antonio Boncompagni piuttosto che farsi governare da una potenza straniera. I paesi di Poggio e Capoliveri - da sempre indomiti e poco inclini al potere dispotico esercitato con le armi - si ribellarono al generale Miollis e ricacciarono via dalle loro terre i suoi emissari, invitandoli con la forza a tornarsene a Portoferraio. 

Domenica prossima la seconda parte

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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