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Attualità domenica 18 ottobre 2020 ore 07:00

Piccola storia del Semaforo Rosso

Uno scatto dei locali che ospitavano il Semaforo Rosso (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Piccola storia del Semaforo Rosso” di Gordiano Lupi



PIOMBINO — Erano i tempi che ci vestivamo da Vittadello e al Semaforo Rosso, il primo apriva la strada dei Portici, dove adesso c’è una succursale del Bucciantini e un grande magazzino di abbigliamento, il secondo si trovava procedendo per via della Repubblica. Vittadello erano gli abiti da cerimonia, le grandi marche, i capi un poco più costosi; il Semaforo Rosso era abbigliamento economico, alla portata di tutti, anche di noi figli di operai.

Aulo Giuliani e Renza Barsotti sono stati gli ideatori di questo negozio tutto piombinese, aperto nel 1961, in un fondo spazioso (adesso c’è una banca) alla fine di via della Repubblica, angolo via Dalmazia, di fronte al Bar Giuliani (poi Bar Principe). Il Semaforo Rosso resterà nella storia del commercio piombinese, una novità assoluta di proposte come abiti confezionati e prodotti in serie, nata ai tempi del primo boom economico, quello che mio padre si ostinava a dire che lui non l’aveva visto, che a noi poveri proletari ci doveva aver scansato. Aulo Giuliani aveva fatto il venditore ambulante di dolciumi, lo chiamavano il Chiccaio, ma un giorno decise che non era più tempo di girare l’Italia con il banco, soprattutto perché nel 1961 in un colpo solo erano nati due figli gemelli (Gianni e Alvaro), che aumentavano una famiglia composta solo dai coniugi e dalla primogenita Medi, nata nel 1953. Renza doveva occuparsi dei piccoli, non ce l’avrebbe più fatta a seguire il suo Chiccaio nelle peregrinazioni verso i mercati italiani, così Aulo prese la storica decisione.

Narra la leggenda - come riferiscono i figli Gianni e Medi - che il padre passò una notte insonne a Roma, zona Cinecittà, bevendo vino dei Castelli con alcuni amici e progettando il futuro. Bisognava tornare a Piombino, era il momento di lavorare a casa propria in un settore nuovo, in grande espansione: l’abbigliamento. La gente aveva bisogno di abiti confezionati, andare a farsi cucire il vestito da un sarto era un lusso per pochi, serviva praticità ed eleganza, tutti cercavano vestiti comodi e pronti, a buon prezzo. Fu così che Aulo e sua madre aprirono il Semaforo Rosso, una grande intuizione commerciale che si è andata ampliando sempre di più, fino al trasferimento - nel 1975 - nei più spaziosi locali angolo via Petrarca, vicino a Vittadello, dove ora c’è la Cassa di Risparmio di Firenze.

Mi rivedo bambino per mano a mia madre andare a scegliere pantaloni e camicie, farsi servire da Rita Epifani - sorella di un amico che viveva in via Gaeta proprio accanto a me - oppure dalla moglie del mitico Aleardo Viacava, centravanti di manovra dell’Unione Sportiva Piombino, una signora gentile di nome Giuseppa che tutti chiamavano Nella. Per me - supertifoso del Piombino - era un onore farmi servire dalla moglie di uno dei miei eroi della domenica pomeriggio, uno che segnava un sacco di gol allo stadio Magona e che fino a poco tempo prima aveva giocato nel Livorno.

Il Semaforo Rosso c’è stato fino a pochi anni fa, nel 1985 ha preso il posto del Grande Upim, nei locali del vecchio Supercinema, in piazza Verdi, angolo corso Italia (dove oggi trovate Oviesse), adeguandosi ai tempi, al nuovo mercato, ai gusti modificati delle persone, ma sempre mantenendo cordialità, disponibilità a venire incontro ai clienti ed economicità. Per un certo periodo di tempo mia madre ha pure collaborato con il Semaforo Rosso, come esterna, sfruttando un passato da sartina, stringendo e ritoccando taglie confezionate che non andavano bene per clienti esigenti.

Cinquant’anni è durato il Semaforo Rosso, c’è voluta la morte del fondatore Aulo e del figlio Alvaro per fiaccare la volontà di resistenza di una famiglia di negozianti che ha fatto molto per Piombino. Nel 2011 il negozio ha chiuso i battenti, lasciando il posto a una catena spersonalizzata come Oviesse.

Ho raccolto una testimonianza dei figli Gianni e Medi: “La vita ci ha dato tanto, ma ha voluto tanto in cambio. Aulo e Alvaro, purtroppo, ci hanno lasciato a pochi anni di distanza l’uno dall’altro. Con loro se ne sono andati i nostri stimoli e le nostre ambizioni, la nostra forza comune. La nostra spinta commerciale si è esaurita, dopo cinquanta meravigliosi anni passati in compagnia della gente di Piombino. Tanti anni trascorsi con la consapevolezza di aver contribuito - nel nostro piccolo - alla crescita e allo sviluppo della nostra città, provando a soddisfare le esigenze di alcune generazioni di Piombinesi. La tristezza, l’amarezza, la sofferenza per la perdita recente di mamma, che proviamo io e mia sorella Medi in questo momento difficile, sono attenuate dalla convinzione che il feeling storico creatosi nel 1961 con Piombino non è ancora giunto alla fine”.

Resterebbe da parlare di Aulo Giuliani presidente ombra del Piombino calcio, ma questa è tutta un’altra storia che merita un racconto ampio e particolareggiato.

In gallery le foto storiche fornite d Gianni Giuliani.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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