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Attualità domenica 01 marzo 2020 ore 07:00

Piccole notizie storiche

Gordiano Lupi su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia raccoglie i suoi "appunti (senza pretesa di voler essere storia), dalla Piombino del passato"



PIOMBINO — Forse non tutti sanno che un tempo le porte di Piombino erano due: la Porta a Terra e la Porta a Mare, ma la seconda venne demolita verso la metà degli anni Venti; la Porta a Mare era al Porticciolo di Marina - ancora se ne intuisce la forma -, serviva appena sbarcati dai traghetti per salire verso la città. Adesso ci resta la Porta a Terra (1447), detta di Sant’Antonio, imponente in piazza Verdi, davanti al Metropolitan, punto di accesso alla città ai tempi in cui corso Italia era campagna e sotto al Rivellino - la fortezza difensiva - ci tenevano il mercato. 

A Piombino avevamo anche una cinta muraria da far invidia a Lucca e a Grosseto, edificata nel 1300, una struttura solida con scopi difensivi che partiva da Cittadella e scendeva verso il Porticciolo per congiungersi alla Porta a Mare e racchiudere tutta piazza Bovio fino alla Rocchetta, quindi raggiungeva il Castello e da qui ripartiva per legarsi alla Porta a Terra e tornare in Cittadella lungo via Leonardo da Vinci. Mura storiche che racchiudevano una cittadella fortificata via terra e via mare, edificate fin dal 1448 e perfezionate da Leonardo Da Vinci, che nel 1502 fece visita a Piombino insieme a Cesare Borgia, detto il Valentino. Di sicuro son di Leonardo i bastioni di Cittadella a difesa della residenza regale, tutto il resto è improbabile, non abbiamo notizie certe. 

Piombino era ben difesa da cinque fortificazioni costruite con solide mura, torri e feritoie per posizionare le armi, dal Porticciolo alla Rocchetta, passando per Castello, Porta a Terra e Cittadella. Mura e fortini erano un blocco unico, cosa che adesso è impossibile vedere, serve immaginazione, ché il Fortilizio del Porticciolo non esiste più e a Cittadella resta poca cosa, solo le mura di cinta. La Rocchetta fortificata in mare risaliva al decimo secolo, opera di un conte degli Atalberti, serviva pure a far pagare un dazio a tutte le navi che vi transitavano, un diritto d’ancoraggio che prevedeva la consegna d’una ricevuta in piombo, un lasciapassare grande come una moneta con sopra impresso lo stemma del signore dominante. Da qui la leggenda sul nome Piombino, diatriba complessa da districare, ma che per alcuni storici deriverebbe proprio da questa gabella imposta alle navi di passaggio, ratificata con la consegna del piombo. Non è questa la sede per dirimere una questione che ci porterebbe lontano, verso Populonia, alla dizione antica Popolinum e alla storia dei transfughi che avrebbero fondato una città che con il tempo si sarebbe chiamata Piombino. Il Rivellino venne fatto costruire da Rinaldo Orsini, un potente fortino di forma ovale, per rendere più sicura la Porta a Terra, per premunirsi contro ogni aggressione, aggiungendo al fortilizio del Torrione una difesa più solida. Ultimato nell’Anno Domini 1447, come canta il poeta: “Rinaldo Orsini in guerra chiaro e in pace, / t’eresse contro i suoi nemici forte” (Maberini) e come recita l’iscrizione in latino che ancora oggi possiamo leggere sopra la porta. La Torre - da tutti detta il Torrione - c’era da tempo (secolo quattordicesimo), quando vennero erette le mura cittadine, ma secondo Orsini non bastava (e i fatti gli daranno ragione!) a difendersi contro gli assalti di un nemico organizzato. Un tempo (fino al 1500) il Torrione aveva pure il Campanone, che adesso vediamo spiccare nel punto più alto del palazzo comunale, e serviva - con il suo suono a distesa - per radunare il Consiglio degli Anziani. Il Castello risale al 1300 - 1400, imponente quadrilatero difensivo che guarda il mare, c’è chi dice che il disegno sia stato fatto da Leonardo Da Vinci (ma è improbabile), un tempo è stato Carcere Mandamentale, adesso è un museo con due porte d’accesso, da via dei Bastioni e via del Castello. 

Le Fonti di Marina, invece, sono sempre state chiamate I Canali, caratterizzate da cinque teste di molosso, scolpite nel marmo come la Madonna che sorride e invita a bere l’acqua che sgorga(va) pura (adesso esiste un cartello di acqua non potabile). Piombino anticamente era un porto della Repubblica di Pisa, guidato da un capitano che comandava pure su Isola d’Elba e Baratti: fu proprio il capitano Ugolino Arsopachi che nel 1248 fece costruire le Fontane. Canta il poeta: “Va non molto di lunge de la riva / del mar, che bagna la cittade mia, / una bella fontana d’acqua viva / fluendo sotto il viso di Maria” (Maberini). 

Il vecchio Palazzo Appiani era sempre stato in piazza Bovio (la Piazzarella), ma Iacopo non si sentiva sicuro tra quelle mura, né dai nemici che venivano dal mare, né da eventuali aggressioni di cospiratori cittadini. Palazzo Appiani è stato per anni sede di una scuola media (le Battisti), adesso è un museo del mare, ospita un centro studi e alcune sale sono riservate a riunioni, mostre ed esposizioni. 

La Cittadella con annesso palazzo principesco fu opera di Iacopo III Appiani, che nel 1400 decise di costruire un’abitazione regale, sicura e imponente nel punto più alto della città, che godesse di una vista a perdita d’occhio su tutti i suoi possedimenti. In Cittadella c’è pure una Cisterna costruita nel 1469, sempre per volere di Iacopo III, un quadrilatero di marmo che a ogni lato raffigura la sua immagine, sua moglie Battistina, il figlio Iacopo e lo stemma di famiglia. Cesare Borgia, detto il Valentino, quando nel 1501 occupò Piombino fece scalpellinare le iscrizioni incise nel marmo per cancellare i segni del potere precedente. 

Terminiamo con il Porticciolo, che un tempo si chiamava Tarsinata, una darsena per riparare dalle tempeste i piccoli bastimenti, usato per il carico e scarico delle merci. 

Solo un accenno ai Castelli e alle Torri del nostro promontorio, partendo da Riotorto si notano ancora i resti di Poggio Castello, mentre lungo il litorale, verso Follonica, sono ben visibili Torre del Sale e Torre Mozza.

Fonti storiche per approfondire: i libri di Ivan Tognarini, Mauro Carrara, Umberto Canovaro, Gianfranco Benedettini e se vi resta tempo anche la mia Storia popolare di Piombino edita dal Foglio Letterario.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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