Quella bomba scoppiata sette anni dopo la guerra
di Mario Mannucci - giovedì 28 maggio 2015 ore 08:14
Appena tre anni fa, nel 2013, una bomba ferì gravemente tre ragazzi, e soprattutto uno di loro, a Novalese di Torino. Era un residuato bellico, uno dei tanti venuti alla luce da settant'anni a questa parte soprattutto per scavi edilizi o agricoli, o per mille altri motivi.
E si calcolano in centinaia le vittime dei residuati bellici a guerra finita.
Fra loro ci sono Rodolfo Valentino, Enzo, Gianfranco e Roberto, quattro ragazzi di San Giovanni alla Vena dilaniati nel 1951 da una bomba che qualcuno aveva nascosto sotto il ponte sulla vecchia Serezza, all'inizio del paese.
Rodolfo Valentino, Enzo e Gianfranco morirono, Roberto rimase sventrato, perse un occhio e fino a un'operazione disperata rischiò di perdere anche l'altro. Lui, Gianfranco, è morto recentemente. Avevano tutti fra i 6 e gli 8 anni. Il fatto successe la mattina di domenica 27 maggio 1951, una bella mattina. Molti ragazzi come loro erano alla messa delle 11, che però fu interrotta dal pievano quando arrivò la notizia della tragedia. Tutti corsero fuori dalla chiesa, molti corsero fino alla zona dei ponti ma ormai c'era poco da fare. Il gruppetto di amici era sceso dal ponte sul letto ormai asciutto della Serezza, uno dei storici canali e fossi che a San Giovanni alla Vena andavano a finire in Arno con un flusso regolato da cateratte, mentre a metà '800 fu poi realizzata la famosa botte che passando sotto l'Arno portava e porta ancora verso il mare il nuovo canale emissario costruito per prosciugare l'ex lago di Bientina.
Rodolfo Valentino Batoni, Enzo Corsi, Gianfranco di Lupo e Roberto Bernardini trovarono quella bomba in una buca, sotterrata, sembra, insieme ad altre. La presero e la portarono sul ponte. La guerra era finita da 6 anni, diciamo 7 per gli abitanti di San Giovanni alla Vena che sotto i bombardamenti del '44 avevano perso non pochi familiari, parenti e compaesani, e le paure erano un po' allentate. Il gioco dei quattro ragazzi fu tentar di aprire a pietrate quell'ordigno, ma il gioco diventò tragedia.
Secondo qualcuno del paese, quella bomba e altre armi erano state nascoste in quel luogo dai partigiani. Ed è scritto in tutti i libri di storia che i gruppi di partigiani più oltranzisti avevano nascosto le armi in attesa della rivoluzione.
Il dolore fu grande per tutti ma le famiglie delle vittime decisero di non parlarne troppo, di tenere chiusa la tragedia dentro i loro cuori. E soltanto ora - mercoledì 27 maggio 2015 - è stata fatta una cerimonia, proprio sul ponte e sul punto esatto dello scoppio, con la presenza del parroco che ha benedetto quel luogo, e del sindaco. Che ha ammesso di non aver saputo niente, fino a quando lo hanno invitato alla cerimonia. di quell'evento così doloroso ma di volerlo ora inserire ufficialmente nelle celebrazioni per il XXV aprile.
Mario Mannucci