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venerdì 15 marzo 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Il mistero del redo scomparso

di Marco Celati - domenica 19 febbraio 2017 ore 09:00

Il Fatticcioni, corpulento fattore, contadino in quel di Santo Pietro Belvedere, allarmato, l'aveva chiamato con urgenza. Qualcosa nella stalla non gli quadrava. Il veterinario Martini, per tutti in paese Sculacciabui, arrivò di buon mattino. Indossò il guanto ascellare e infilò il braccio nella fregna della vacca gravida, con rispetto parlando. Spinse a fondo, attastò. La bestia emise un muggito. Ma niente! Il redo non c'era. Dove cazzo era finito? Mistero, apprensione!

Il Commissario Favati, di stanza presso il Comando di Pubblica Sicurezza di zona, fu subito avvertito e relazionato. Indagini a tappeto furono prontamente disposte. Si cercò nelle campagne circostanti la casa colonica del Fatticcioni. Con circospezione nelle stalle dei contadini confinanti. Ma niente. Del redo, del vitellino presumibilmente neonato, nessuna traccia. Dov'era? Qualcuno l'aveva rapito? Ma chi poteva essere stato a compiere un gesto così insensato e crudele? Forse anche la Nerina, la vacca bianca pezzata di nero, così chiamata dal fattore per distinguerla dalla Bianchina, la vacca nera pezzata di bianco, se lo stava chiedendo e muggiva, dando evidenti segni di inquietudine.

Il signor Vasco, residente di casa in Siberia, ma domiciliato nei bar del paese, l'aveva detto che qualcosa non andava in quella stalla. Successe il giorno che era andato a trovare il Fatticcioni con la sua bicicletta sgangherata che procedeva, chissà perché, soltanto a zigo zago. Il fattore gli aveva offerto un bicchiere di rosso, a successive richieste diventato un quartino e poi un buon mezzo litro. A Vasco, è risaputo, il succo d'uva scioglieva la lingua e allora diceva le cose per come gli sembravano e spesso erano e sono. I latini dicevano "in vino veritas", ma lui nessuno lo considerava in quanto reputato "bria'o tegolo fisso". E questa era la sua dannazione, di etilico e inascoltato profeta. Be'i che ti ribe'o, Vaschino aveva detto:

«Ma la Nerina, 'un mi garba punto. Sei si'uro, 'Svaldo» il Fatticcioni di nome faceva Osvaldo «che sia pregna? Per me fa le viste!»

E la risposta immancabilmente fu:

«Ma te ne vai, o bria'o! E gliè, e gliè, e glié

«Sì, portala in processione col santo patrono...»

Questa risposta del Vasco necessita di una spiegazione. Durante la festa del patrono del paese, San Gervasio martire, vulgo San Gervaso, la statua del santo viene portata in processione e i fedeli intonano una litania polifonica religiosa di remota origine popolare.

«E il nostro San Gervaso, e il nostro San Gervaso!»

A cui fanno eco altri fedeli, salmodiando:

«Il nostro San Gervaso, il più bel santo gliè

E poi tutti quanti in coro:

«E gliè, e gliè, e gliè

E così via per le salite del paese di collina. Il tutto intercalato dai rosari delle bigotte, nonché dai sommessi sacrati dei sudati portantini, selezionati dal pievano che, a turno, portano a spalle la statua, una quintalata di barocco toscano più baldacchino, il pomeriggio e la sera dell'antivigilia di Ferragosto.

Una volta che le ricerche ebbero sortito un nulla di fatto, il Commissario Favati, che non si capacitava, interrogò il Fatticcioni Osvaldo, avvalendosi della consulenza del veterinario Martini, sempre soprannominato Sculacciabui, che di nome faceva Jacopo. Con la "J", perché era gente istruita e originaria di Lajatico. Si voleva appurare, ai fini dell'inchiesta, la data della monta taurina.

«Quando è stato?» Chiese il Commissario.

«A maggio, il diciotto mi pare, quando entrano in caldo le ciu'e»

«Chi è stato?»

«Io no di certo» rispose il fattore.

«Non faccia tanto lo spiritoso»

«È stata montata da Cammillo, il toro del Beccani: l'ha coperta lui, la mi' Nerina!»

«C'erano testimoni?»

«Si'uro! Mentre avveniva la monta, Commissario, c'era anche la mi' moglie. Era volsuta venì! Nata d'un sei, per pigliammi per il culo»

«Lo vedi, 'Svaldo? Cammillo sì che è bravo. Alle volte c'è da impara' più dalle bestie che da' cristiani...» Mi faceva.

«È bravo sì! Ma lui 'un lo fa mi'a sempre con la solita vacca!» gli ho risposto «E s'è chetata.»

Al Commissario però non andava giù quella sparizione misteriosa. Non se ne dava per vinto. Non poteva lasciare questo caso insoluto. Una macchia indelebile sulla sua onorata carriera investigativa. E così ordinò delle analisi suppletive al dottor Mancini Jacopo, vulgo Sculacciabui, il veterinario. All'uopo furono prelevati campioni di sangue e altri materiali organici dalla Nerina che furono analizzati a fondo dagli specialisti, dottoroni e professoroni delle facoltà di Agraria, Zootecnia e Veterinaria dell'Università di Pisa. E finalmente la sorprendente verità venne a galla! Trattavasi di gravidanza isterica. Una patologia rara, specialmente per le vacche. Insomma, come si dice? Era tutt'aria, porca vacca! La Nerina, nottetempo, a suo modo doveva aver sgravato e con un curreggione se l'era cavata. E, a maggior gloria, anche il toro Cammillo, una volta tanto, aveva fatto cilecca. Si vede non era amore o forse anche i tori e le vacche a volte si divertono e basta. Aveva ragione l'inascoltato e bistrattato Vasco. Del resto, come scrive il divino Orazio, che non è uno di paese, "che cosa non rivela l'ebbrezza? Essa svela le cose nascoste". Ma Anche Vasco è di vino e in più è di paese: e gliè, e gliè, e gliè!

Così, alla fine, tutti tirarono un respiro di sollievo, sulle colline tornò la serenità, con l'abituale senso di sicurezza e il Fatticcioni, la sera, di ritorno a casa dopo un'intensa giornata spesa al solerte e rude lavoro dei campi, disse a sua moglie:

«Cara, vieni un po'inino qui: appoggiati al canterale, di grazia, che te lo faccio vede' io il toro Cammillo...»

E così, non disgiunto dal legittimo sesso sponsale, anche l'amore, questo folletto enigmatico e indecifrabile, questo inafferrabile sentimento che anima e turba le nostre vite, alla fine trionfò. Un finale quasi shakespeariano. Un'altra indagine risolta del Commissario Favati.

Marco Celati

Treggiaia, 5 Dicembre 2016

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"Quid non ebrietas designat? Operta recludit": Orazio, "Epistolae". Un ringraziamento particolare ad Alessandro, veterinario vero. Ovviamente la responsabilità dell'improbabile gravidanza isterica della vacca Nerina è solo mia. E poi grazie a Ivan e Alberto, compagni e amici di vendemmie -non di merende!- senza i cui suggerimenti e aneddoti questo racconto non sarebbe mai nato. Con il loro aiuto, anzi, è venuto prima il racconto del personaggio: il "Commissario Favati"! Il racconto ha creato il personaggio. Grazie anche al professor "Favati", che ha prestato al presunto fratello Commissario, il cognome d'arte che a lui, professore vero e lettore ufficiale del Borzacchini Universale, abbiamo affibbiato per meriti, un giorno a tavola, godendo abbondantemente del sudato frutto delle nostre vendemmie. E, specialmente dopo profuse libagioni, a noi, Malvaldi, con rispetto parlando, ci fa una sega! 

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati