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Attualità domenica 17 settembre 2023 ore 06:00

​La campana dei forzati

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "La campana dei forzati" di Gordiano Lupi



PIOMBINO — Le leggende sono più affascinanti della realtà, c’è poco da fare. Forse per questo motivo immaginiamo ancora Elisa come una strega divoratrice di uomini e Alessandro Appiani come un tiranno giustiziato dalla rivolta popolare. Niente di tutto questo è vero, come gli storici locali si sono sforzati di dimostrare, non ultimo anche il vostro modesto cronista, con argomentazioni inconfutabili e documenti provati.

Le leggende sono importanti, comunque, perché dove manca una realtà storica abbiamo il conforto di una storia inventata, di un racconto misterioso e intrigante che comunica interesse e amore per la terra natia. E allora raccontiamo questa leggenda della campana dei forzati, che mi è tornata in mente leggendo un post su Facebook di Giampaolo Reggio (in arte Ugo Guru), tra l’altro mio professore di matematica e fisica al liceo classico, quasi mezzo secolo fa.

Al tempo di Elisa Bonaparte e Felice Baciocchi, con i francesi a Piombino, dal 1807 al 1826, era stato creato un Bagno Penale sul retro di Palazzo Appiani, sulla Piazzarella (odierna piazza Bovio). Ecco, dovete sapere che fino al 1953, sulla spiaggia sotto piazza Bovio, al termine della ripida scalinata, faceva bella mostra di sé un enorme macigno (di arenaria porosa, dicono gli esperti), alto come una persona di media statura, a forma di campana, addirittura con il pinnacolo necessario per l’attacco al trave oscillante. La leggenda che circolava tra i piombinesi era che quella campana fosse stata opera dei carcerati, modellata (niente meno!) che con mollica di pane e sapone.

Leggenda più che fantastica, oserei dire fantasiosa, perché se non dotata di poteri soprannaturali una campana fatta di sapone e di mollica sulla battigia di una spiaggia avrebbe la durata di un nanosecondo. Diciamo che sarebbe stato più realistico pensare a un lavoro fatto dai forzati sulla pietra di arenaria porosa, modellata a forma di campana, forse come inno alla libertà, con la speranza che quella campana suonasse per loro, al momento di una desiderata amnistia. Ma volete mettere la magia fiabesca - che ricorda un po’ Pinocchio - del manufatto a base di sapone e mollica? Purtroppo la campana non esiste più dal giorno in cui i soci del Centro Velico Piombino costruirono la propria sede in quel sito (scomparsa anche tale sede, comunque), perché demolirono il blocco di arenaria a colpi di mazza, disperdendo i resti in mare e sulla massicciata antistante il fabbricato. Restano solo la leggenda e il ricordo romantico di un gruppo di forzati in riva al mare che scolpiscono il sogno della loro libertà. 

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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