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La notte che i cosacchi invasero Piombino

Su #tuttoPIOMBINO "La notte che i cosacchi invasero Piombino" di Gordiano Lupi

Era una notte buia e tempestosa. I cosacchi stavano invadendo Piombino. Una strenua difesa del passato cercava di tenerli a bada chiamando al fortino assediato personaggi fondamentali della Resistenza. Un’aspirante sindaca si spacciava per il nuovo e non capiva il motivo per cui fosse finita in quel brutto posto a dover cavare i rifiuti dal fuoco. Un aspirante sindaco tutto barba e sorrisi incontrava le persone comuni che il potere aveva dimenticato. Gli ex grigi compagni del Pci, come diceva Gaber, da bocche bavose perdevano ritagli di parole che citavano fascisti, olio di ricino e manganelli. Non capivano che stavano vivendo l’anno di grazia 2019, che il 1946 era (per fortuna) lontano e non aveva niente a che fare con la nuova storia. 

Una notte buia e tempestosa consegnava il paese al cambiamento, tra grida da stadio e rimpianti. Tutto cambia - verrebbe da dire: finalmente! -, ma per il sindaco tutto barba e sorrisi il peggio doveva ancora venire: trasformare i sogni in realtà al termine della notte tempestosa. 

Novello Celine avrebbe dovuto intraprendere un viaggio periglioso… E che non giunga il termine della notte, ma un nuovo inizio, una speranza, un sogno per questa città che fu di acciaio e ferro, di contestazioni e lotte, di partite di calcio vinte con la Roma. 

Il piccolo scrittore raccoglie le sue carte digitali e le inserisce nella cartella telematica dei ricordi, consapevole di aver vissuto una notte storica, la notte del primo ballottaggio, la notte in cui il vecchio passò il testimone al nuovo, la notte della sconfitta indimenticabile, la notte dei coriandoli e dei cori da stadio, la notte del cambiamento e della vittoria. Adesso comprende di aver vissuto la nascita di un nuovo momento storico per il suo amato cantuccio d’ombra romita, come sempre in disparte, senza salire su carri di vincitori, senza fare cose che da tempo non ha più voglia di fare, ché il suo unico desiderio resta quello di osservare e scrivere. Soltanto questo sa fare. E conta di continuare a farlo per molto. 

Buon lavoro, Francesco Ferrari. Rimbocchiamoci le maniche tutti insieme, ché il lavoro non manca.