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La pizza da Tonino

Su #tuttoPIOMBINO "La pizza da Tonino" di Gordiano Lupi

Foto di Riccardo Marchionni

Erano i tempi che si mangiava la pizza da Tonino. E che cosa è cambiato? - potreste rispondere - La pizza da Tonino si mangia ancora. Certo che si mangia ancora, ma non c’è più Tonino, pure se il figlio è in gamba, la pizza è buona come un tempo, l’erede ha imparato tutto quel che c’era da imparare. Ha avuto un buon maestro, non c’è che dire. 

In quella Piombino poco turistica e molto proletaria, tutta fumo e acciaio, troppo triste e grigia, che ti faceva fuggire verso San Vincenzo e Follonica, Castiglion della Pescaia e Castiglioncello, persino Livorno e Grosseto, era uno dei pochi posti dove ritrovarsi per una cena a base di pizza e birra, magari schiaccino ripieno, se proprio volevi strafare polpo lesso e pasta con le lampade. 

Era la Piombino di Tonino e di Toni Fidenzio, da una parte la pizza più saporita del mondo - maremmana più che napoletana -, dall’altra vino rosso e bianco privo di etichetta, come quello che beve Germi ne Il ferroviere, rigorosamente senza denominazione di origine controllata, ma capace di dar sapore al solito pane e mortadella. Era la Piombino dell’Unghia Nera, trattoria dal nome leggendario, del Bar Parrini che sfidava il Bar Nedo a chi serviva i clienti che prendevano la sbornia più grossa e d’estate a chi segnava più reti nel torneo dei bar disputato sul manto erboso del Magona.

Non divaghiamo. Parlavamo di Tonino e delle serate passate in quelle povere stanze che non sono cambiate, dove si respira identico odore che negli anni Settanta, con un piazzaiolo intento a sfornare un prodotto sublime carico di mozzarella da un magico forno a legna. Tonino ogni tanto si detergeva il sudore e la sua pizza veniva ancora più buona, assumeva la fragranza delle cose sofferte, a lungo desiderate, si lasciava mangiare a quattro palmenti da ragazzini stanchi e contenti, dopo una partita di calcio giocata a Marina contro le Macerie. 

Tonino che resiste dagli anni Sessanta, un locale cresciuto insieme a me, una pizzeria dove di tanto in tanto rimembro il mio tempo migliore, ché lì il tempo non passa, resta tutto immobile. 

Magari un giorno ci rivedo il fantasma di Dario, uno dei tanti amici perduti, seduto al tavolino a consumare la sua pizza Margherita con sopra una fetta di prosciutto crudo. Magari ci rivedo Tonino euforico dopo che il Piombino ha vinto il campionato e lui ha passato la domenica in tribuna a fare il tifo e a inveire contro l’arbitro. Magari ci rivedo me stesso e tutte le mie illusioni, le speranze perdute, lasciate cadere nel gigantesco forno dei ricordi, dispensate da mano abile e veloce, come fossero magici ingredienti della pizza d’una vita intera, da consumare in fretta, per non lasciarsi catturare dalla malinconia delle emozioni perdute, da tutto il passato che non può tornare.