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L'odore di Piombino

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "L'odore di Piombino" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni

Foto di Riccardo Marchionni

Mio nonno, che aveva percorso il mondo con due valigie di cartone legate con lo spago, operaio d’altoforno, come tanti, un uomo che aveva sognato di fuggire in America, ma che si era rassegnato a vivere nella provincia toscana. L’infernale acciaieria che allunga tentacoli maleodoranti verso la città, ha segnato il destino della sua famiglia, che porta nelle narici l’odore dello spolverino misto a sentori di salmastro.

Mio nonno viveva in una povera casa del quartiere operaio, a due passi dal cinema popolare di terza visione e dalla Casa del Popolo. I suoi figli avrebbero fatto la stessa vita, scandita dalla sirena della fabbrica. L’altoforno come un altare pagano dove sacrificare l’esistenza, aspettando i finti tramonti dell’acciaieria.

La vita di mio nonno è stata sudore e lavoro nel mostro d’acciaio, un appartamento costruito tra i fumi dell’acciaieria e le sue speranze. Troppi ricordi lo legavano a quelle mura annerite e al sapore del carbone. Troppi sogni seppelliti tra le buche del cortile.

L’altoforno che si spegne demolisce le nostre speranze, una storia di lacrime e sudore, di antenati scesi dalle montagne o sbarcati da una nave per un posto di lavoro. Non riesco a immaginare cosa avrebbe pensato mio padre. Ricordo che da casa nostra s’intravedeva l’altoforno, il babbo voleva mangiare sempre di spalle al mostro, non voleva vederlo. “Almeno durante i pasti…”, sorrideva. Sapeva che la nostra famiglia mangiava grazie al mostro

“Tu non ci devi finire a lavorare là”. Povero papà, gli si leggeva in volto la sofferenza dei turni che avevano scandito la sua vita. Osservo la triste eutanasia del gigante d’acciaio con un senso d’impotenza, immerso nell’odore del salmastro frammisto alla polvere di carbone. L’odore di Piombino. L’odore della nostra terra.