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​Aldo Londi e il suo parlare piombinese

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Aldo Londi e il suo parlare piombinese" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni

Aldo Londi è un vecchio piombinese e anche nella sua famiglia ci sono molti detti e modi di dire che si tramandano da tempi immemorabili. Mi ha fatto avere una nota precisa, forse in alcuni casi ripete cose già dette, ma ci sono pure diverse espressioni nuove. E poi, come diceva un mio amico latino, repetita iuvant!

Una ragazza non particolarmente attraente veniva definita “racchia”. In realtà, dopo un rapido consulto con la Treccani, ci rendiamo conto che “racchia” è aggettivo qualificativo del tutto italiano con il significato di brutta, sgraziata; viene usato anche al maschile e come aggettivo sostantivato.

“Fare il guadagno di Caccolino”, si diceva di un affare andato in perdita. Abbiamo riportato la stessa espressione con altre varianti, quella di Cazzetto e di Poldino, che pare la migliore, perché il singolare personaggio bruciava le lenzuola per vendere la cenere. Ergo non faceva un gran guadagno.

“Fare a micino”, credo che sia stato già detto, significa consumare qualcosa con parsimonia, con moderazione, proprio come fanno i gatti, che non si abbuffano, ma mangiano con calma.

“Ho preso la Sita!” “Devo prendere la Sita!”, stava per prendere la corriera e derivava dal nome dell’azienda che gestiva gli autobus. A Grosseto, infatti, tutti dicevano “Vado a prendere la Rama” e a Piombino si diceva pure “Prendo la Lazzi”, un altro gestore di trasporti urbani e interurbani su strada.

“La scucchia” era “la bazza”, un mento prominente. Mentre si definiva “pastosa”, ma di solito “bona” o “bonona” la ragazza dalle rotondità morbide, quasi giunoniche, felliniane. Una ragazza seducente, vestita molto bene per essere attraente, veniva indicata come “attopettata”. “È un bel topone!”, invece, era un’esclamazione usata dai maschi per definire una ragazza molto bella, appariscente, dalle forme rotonde e seducenti. Sempre in tema di bellezza femminile, si poteva dire: “Quella ragazza ha la bocca a buco di culo”, oppure “a culo di gallina”, per sostenere che aveva la bocca piccola o poco carnosa. Sempre in tema femminile: “è un chicco” “è un chicchino”, si diceva di una ragazza molto carina, raffinata, delicata, infatti “il chicco” è “il dolce”. “Cionna”, invece, era una donna trasandata, disordinata nel vestire e negli effetti personali, persino poco pulita. “Quella c’ha il naso a ballotta”, invece, si diceva di una ragazza che aveva il naso rotondo come una castagna bollita. Per indicare il “naso” si poteva anche usare il termine vernacolare “nappa”. Una “tracagnotta” è una ragazza piccola di statura e un po’ grassottella. Ma se è davvero molto grossa si dirà: “Quella si fa prima a saltalla che a giralle intorno!”. “Quella è tutta buzzo e culo!” si diceva di una ragazza che aveva un ventre prominente e un sedere importante. Una “tarpona”, o una “tarponcella”, infine, era una ragazza piccola e grassottella. Tutti termini poco politicamente corretti, caduti in disuso, adesso proprio non consigliati. Per una ragazza a Piombino “si prendeva una cotta” - forse anche in altri lidi - e in quel caso si era follemente innamorati. Termino l’argomento ragazze con un’esclamazione irripetibile e del tutto maschilista: “Ma chi se la pipa quella!”, riferita a una femmina non proprio appetibile da un punto di vista erotico.

“Discorsessa” è un termine ironico dispregiativo. “Hai fatto proprio una discorsessa!”, sta per “Hai detto proprio una sciocchezza!”. Oggi sarebbe un termine sessista perché usato al femminile, come se solo le donne dicessero stupidaggini.

“Cosa borbotti?”. “Ho sentito un borbottio”. Voce verbale e sostantivo che indicano suoni indistinti, rumori che rendono le parole non distinguibili. Italiano puro, anche se c’è stato un uso piombinese frequente. Termine adesso poco usato.

“Un fottio” sta per “molti”, “un gran numero”. Esempio: “Di questi biscotti ne ho mangiati un fottio!”.

“Vai all’itice” si diceva quando una persona cercava di parlare il più pulito possibile. (Non conosco il motivo e lo prendo per buono, ma non l’ho mai sentito dire). “Vai in culimaia!” oppure “Vai in domo!” hanno ben altro significato, piuttosto volgare, di tutta evidenza. Vai il più lontano possibile, in un paese che può essere la tua casa (domo, dal latino domus), ma lontano da me. Ricorda la canzone di Alberto Sordi…

“La tua sembra la storia di Buchettino”, per dire che come la popolare novella toscana anche il tuo racconto non accenna a finire. Ma anche “la novella dello stento” ha un simile significato.

“Sei come il prezzemolo!”, “Sei come il giovedì!”. Entrambe le espressioni sono rivolte a un individuo che sta sempre in mezzo, non si leva mai di torno.

“Come ti sei ciompata!”, esclamazione molto usata fino agli anni Settanta, forse nata per allitterazione di “Come ti sei conciata!”, che è l’espressione corretta.

“Fumo negli occhi!”, termine che si usa quando si vuol nascondere una cosa, “gettare il fumo negli occhi”, ma si può usare anche per definire qualcosa che non ci piace per niente, proprio come il fumo negli occhi. Esempio: “Quel dolce è stucchevole, per me è come il fumo negli occhi!”.

“Questa l’hai proprio padellata”, di origine venatoria, per dire a un amico che sta sbagliando di grosso, in modo netto e clamoroso.

“Maremma maiala!”, è un’imprecazione tipicamente locale.

“Bagascia” non veniva usato solo per definire una prostituta, come il corretto uso italiano vorrebbe, ma anche una donna di malaffare in generale, persino una femmina poco pulita. Esempio: “Quella c’ha proprio l’aria da bagascia!”. A proposito di prostituzione, a Piombino, si definiva “bordello” e non “casino” il luogo dove si praticava l’amore mercenario

“C’ho un languore di stomaco che non ti dico!”, significa avere fame, si può usare anche al diminutivo - “languorino” -, ma pure qui siamo nel territorio della lingua italiana, magari in disuso ma pur sempre una forma corretta.

“Quello mi ha levato la seggiola di sotto il culo!”, per dire “mi ha fatto lo sgambetto” in senso figurato, ma anche “mi ha fregato”, “mi ha tolto il posto che mi spettava”. “Seggiola”, ovvio, non sedia, magari “sieda” che è ancor più piombinese.

“Per parlargli mi garba guardallo in ghigna!”, sta per “quando parlo con lui mi piace guardarlo negli occhi”. La “ghigna” è il volto, ma in senso figurato viene usato anche per dire: “Lui c’ha una bella ghigna!” con il significato di “Lui ha un gran coraggio!”.

Si parla di “ciccia” anche in senso figurato, non solo come sinonimo di carne, si usa il termine “ciccia” quando una persona è grassottella (“cicciona”).

“Quello mi ha spappolato i coglioni!”, ma anche “Quello mi ha rotto gli zibidei!” sono due imprecazioni colorite dal significato intuitivo.

Per dire “poco fa” un piombinese vero userà l’avverbio maremmano “dianzi”.

“Gli fa il filo”, quando una persona fa la corte a qualche ragazza.

“La febbre sorda” è un herpes labiale. Esempio: “Mi è venuta una febbre sorda!”.

“Te l’hai visto ar cine!”, espressione usata per perculeggiare qualcuno che l’aveva sparata grossa. Va da sé che il cinema di solito era il Sempione, il più popolare, quindi si poteva anche dire “Te l’hai visto ar Sempione!”.

“Sei più indietro della martinicca!” voleva indicare una persona poco al passo con tempi, poco aggiornata, infatti la martinicca è il freno di stazionamento dei carri ed è situato sul lato posteriore del mezzo, oltre al fatto che adesso non si trova più.

“Quello mi guarda storto!”, si diceva quando qualcuno aveva uno sguardo torvo.

A Piombino un “ubriaco” si è sempre chiamato “briaco”. Sempre da noi nessuno parla mai di “guance” ma di “gote”.

“Ci vedo torbo”, sta per “Ho la vista appannata”.

“Hai le traveggole”, sta per “prendi fischi per fiaschi”.

“Andare a buzzico”, significa “andare a caso, per tentativi”.

“Ogni scarafone è bello per mamma sua!”, sarebbe napoletano ma pronunciato alla piombinese ci può stare. Il significato è intuitivo.

“Per un lupino fa una tragedia!”, si diceva per definire una persona particolarmente ficosa (lamentosa) che faceva una tragedia di ogni piccolo malanno. Il lupino in piombinese è un piccolo callo che spunta sulle dita dei piedi.

“Quello sa fare l’occhi alle pulci!”, si diceva di un artigiano particolarmente versato per la meccanica, uno molto bravo, che sapeva fare bene il suo lavoro.

“Sono giù di corda”, si usa per “non sto passando un buon periodo”, ma anche questa espressione è italiano corretto.

“Scorucciato” si usava al posto di “impermalito” e di “offeso”, ma è un termine del tutto desueto, non l’ho più sentito dire.

“Se n’è andata a buco ritto!”, significa che è andata via tutta indispettita.

“Ha certe lerfie!”, quando una persona mostra malinconia e tristezza, sente l’amaro in bocca, pure questo modo di dire è in totale disuso.

“Mi confondi” sta per “mi intrighi”.

“Costa meno comprarti un vestito che invitarti a cena!”, su usa per definire uno che mangia molto, di buon appetito.

“Fare una cosa a pezzi e bocconi”, accade quando uno fa un lavoro un po’ alla volta, mentre andrebbe fatto tutto insieme per mettere la parola fine e non pensarci più.

“A buco punzoni”, quando un tipo si mette a novanta gradi.

Quando una cosa non si trova più, perché è finita chissà dove, si diceva che è stata messa “in cantera di fondo”.

“Non trova un basto che gli entri”, si diceva nei confronti di una persona molto difficile nelle sue scelte.

“Sei peggio del ciuco del ciottolaio”, per indicare un tale che lamenta molti malanni, un tipo che sta proprio messo male.

“Che mambruco che sei!”, era un termine scherzoso rivolto a un amico che aveva commesso un errore. In totale disuso.

“Non è molto pipato per quel lavoro” (sport o altro), viene riferito a una persona non particolarmente dotata e poco predisposta per una determinata attività.

“Ha due occhi come quelli della pallesa!”, si diceva per indicare una persona dagli occhi molto piccoli. In totale disuso.

“Bracala” si diceva di una persona che vestiva in modo trasandato, particolarmente quando portava i pantaloni. Esempio: “Tirati un po’ su quei pantaloni. Non lo vedi che son tutti a bracala?”. I pantaloni a bracala sono lenti in vita e cadono lungo le gambe “a strasciconi”, finendo per spazzare la strada. Oggi vanno di gran moda!

“Bocca acerba” (Avere la bocca acerba) era un’espressione riferita in particolare a un soggetto femminile definito “smorfioso”, che mostrava scontentezza.

“Quel tale ha i piedi dolci”, significava avere i piedi delicati.

“Al confronto lui è una giacchettata!”, voleva dire che tra due persone uno era infinitamente inferiore, non c’era proprio paragone.

“Da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce”, riferito a uno che non ascolta consigli o suggerimenti, fa proprio come gli pare.

Il “brindellone” è una persona di grossa taglia, con scarse attitudini atletiche, scomposto nei movimenti e dinoccolato. Uno “scorbutico” è un tipo con un brutto carattere, ma dovrebbe essere italiano corretto.

“La pila”, “il pilozzo” e “il pilozzino” una volta erano termini con cui si indicava il lavatoio. Adesso non sappiamo neppure che cosa sia il lavatoio.