"I partiti politici ormai in campagna elettorale strumentalizzano le vicende industriali piombinesi contrapponendosi l’uno contro l’altro in una poco lucida ed inutile battaglia mediatica. Purtroppo, questa situazione è il prolungamento di un percorso che viene da lontano e che non terminerà a breve". A dirlo in una nota congiunta sono il segretario provinciale Udc Luigi Coppola e il coordinatore locale Massimo Aurioso.
"E’ da tempo che sarebbe dovuta essere trovata una soluzione industriale definitiva, ma ingerenze della politica, scelte sbagliate, e troppa demagogia hanno permesso che tutto restasse ancora insoluto. - hanno aggiunto - Alla fine, la discussione verte sempre sullo stesso tema: gli ammortizzatori sociali. Dopo anni ci saremmo perlomeno aspettati che gli impianti di laminazione e rifinitura avessero potuto incominciare a lavorare a tempo pieno, invece è ancora quasi tutto fermo. La nuova proprietà ha le sue ragioni, deve capire come procedere, e viste le competenze nel settore non è certo disposta a fare promesse da marinaio, peraltro dopo essere stata a suo tempo messa da parte dalle Istituzioni locali, regionali e nazionali per far spazio a Rebrab".
I due si interrogano su quale sia la strategia di Jindal, se si vorrà davvero tornare a produrre acciaio o prolungare al massimo le norme sugli gli ammortizzatori sociali. Ed è proprio su quest'ultimi che si concentrano i due esponenti dell'Udc.
"Tale impostazione ha prodotto una forma di invidia sociale nella comunità, da una parte i dipendenti ex Lucchini e dall’altra tutti gli altri, in particolare quei cittadini-lavoratori senza tutele e con problematiche economiche pesanti da affrontare quotidianamente. - hanno spiegato - Ad oggi Jindal si è impegnato ad integrare 700 lavoratori per mettere in funzione gli impianti di laminazione, eventuali investimenti per il ritorno alla produzione d’acciaio sono solo remote ipotesi. Il Governo è senza dubbio latitante, potrebbe perlomeno seguire in modo più autorevole la vertenza Piombino, anche se di fatto è evidente che non ha strumenti incisivi con cui intervenire, sia di tipo economico che normativo".
Quale scenario allora? "Continuare per anni con un sistema impostato sull’assistenzialismo è impensabile, soprattutto non fa bene ad un territorio che vede oramai totalmente scomparso il suo tessuto imprenditoriale e la susseguente offerta di lavoro. La monocultura è morta e sepolta, serve voltare pagina, il problema è capire come e verso quali diversi obbiettivi, - hanno concluso - mettendo in conto che la città ha già resistito in 30 anni alla dismissione ciclica di oltre 5mila posti di lavoro nella siderurgia".