Attualità

Anche Rossi prende il caffè al Bar Mirò

Il presidente della Toscana ha voluto conoscere la storia dei quattro dipendenti del locale sequestrato dalla Guardia di Finanza

"Sono qui per portare la mia solidarietà e quella della Toscana che crede in una società libera dalle mafie ai quattro dipendenti del bar Mirò di Piombino, che mi hanno invitato a prendere un caffè insieme a loro. Ho fatto gli auguri ad Angela, Francesca, Niccolò e Lisa e ho detto loro che sono certo che la città di Piombino darà un contributo decisivo al rilancio di un'attività finalmente pulita e libera da ogni collusione con la criminalità organizzata. Così è andata a Suvignano, così mi auguro che questo sia soltanto l'inizio di un pronto e utile reimpiego a fini sociali dei beni sottratti alla criminalità organizzata". 

Con queste parole il presidente della Toscana Enrico Rossi, nel pomeriggio di lunedì 29 agosto, ha risposto all'invito che i nuovi gestori del bar Mirò gli hanno rivolto. 

Il locale è già noto alla cronaca locale per esser stato confiscato alla mafia e attraverso un particolare progetto (leggi l'articolo correlato) ha trovato nuova vita. Proprio per questo il presidente Rossi ha voluto incontrare i quattro dipendenti che in una lettere gli avevano raccontato la loro storia. 

"Ti scriviamo per raccontarti la storia di una confisca di prevenzione antimafia in Toscana, e dei lavoratori che hanno raccolto la sfida di lavorare in un bar confiscato e di dargli nuova vita. - si legge nella lettera - Il Bar Miró è oggi sottoposto ad amministrazione giudiziaria da parte della sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Livorno in seguito alle indagini patrimoniali svolte dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Piombino. Per assicurarne la continuità, oggi l'attività commerciale è affidata a una nuova gestione con l'Agenzia Nazionale per i beni confiscati e un suo coadiutore, come previsto dal Codice Antimafia. La scommessa è mantenere produttivi i beni sequestrati e confiscati anche dopo il cambio di gestione e assicurare i vecchi e nuovi posti di lavoro, ancora prima della confisca definitiva e ciò a tutela sia dei lavoratori che dello Stato".

Esperienze, queste, che rappresentano un modello positivo, un esempio per quei territori che non si sentono esenti da infiltrazioni.