Attualità

Baratti capolinea del mondo

Su #tuttoPiombino "Baratti" di Gordiano Lupi

Baratti, foto di Riccardo Marchionni

Baratti capolinea del mondo. Questo era per me quando viaggiavo per le strade di Piombino con la mia Legnano azzurra, ma anche quando andavo a Salivoli con mio padre sul sellino in legno d’una bicicletta nera e - più grandicello - sul sedile posteriore d’una moto Laverda. La discesa del Cotone e la salita del Poggetto erano le cime del Pordoi o di Lavaredo, persino Fausto Coppi avrebbe avuto problemi a risalire, per non parlare poi di Villa Marina, Calamoresca, dei viottoli sterrati verso Fosso alle Canne, dove avventurarsi in tiepide giornate primaverili per i primi bagni di mare. 

Baratti era lontano dalla grande acciaieria che divorava il presente e il futuro di braccia operaie, la serenità d’un lago salato per chi si affacciava dalla rocca di Populonia, un orizzonte di ricordi dispersi nella quiete del golfo etrusco. 

Baratti era il mare dei giorni festivi, la spiaggia del Primo Maggio, del Ferragosto, luogo per un pic-nic all’ombra di pini secolari, invecchiati insieme al bambino che li osservava stupito negli anni Sessanta, correndo dietro a un pallone nel grande prato verde. 

Baratti era il mare borghese di noi figli d’operai, da raggiungere a bordo di affollati torpedoni, con una moto scoppiettante, in bicicletta, correndo in motorino, persino a piedi dopo essere scesi dal treno che fermava alla stazione di Populonia. 

Adesso, chi lo fa più? La crisi ci tormenta, lo spread è in cima ai nostri pensieri, ma tutti possediamo almeno due auto per famiglia e un telefonino per abitante. Baratti si raggiunge soltanto in auto, al limite in moto, ogni giorno d’estate, ma anche d’inverno, nelle terse domeniche assolate. Perduta la magia d’un tempo, finita la storia del capolinea del mondo. 

Baratti resta uno spettacolo per gli occhi ma è svanito il mistero racchiuso in un golfo tormentato dal maestrale.