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Discarica, "tecnologie impiantistiche superate"

Legambiente Val di Cornia ha elencato una serie di punti rispetto ai progetti di Rinascenza Toscana nella discarica di Piombino

Discarica di Piombino

Sui piani di Rinascenza Toscana per la discarica di Piombino è intervenuta Legambiente Val di Cornia.

"La nuova società ripropone non solo il medesimo assetto di discarica, ma intende aggiungere altri impianti potenzialmente impattanti, tra cui un inceneritore, un impianto di essiccazione fanghi e uno di trattamento liquami. Comunque, per ora, ci preme dare una valutazione su quanto proposto da Rinascente Toscana in base alle informazioni ad oggi in possesso. - viene spiegato - I termovalorizzatori o inceneritori o se si vogliono chiamare ossidazione termica, che bruciano le plastiche non riciclabili e altro, sono superati dalle nuove tecnologie di riciclo chimico che producono metanolo, combustibili liquidi e, per ora in via sperimentale, a Ferrara, producono nuova plastica. In Toscana si prevede la chiusura di alcuni dei 4 termovalorizzatori esistenti, ma sarebbe una contraddizione chiudere quelli esistenti e costruirne un altro per quelle tipologie di rifiuti che comunque non possono essere riciclati in alcun modo, per questo sarebbe saggio usare qualcuno di quelli esistenti", si prosegue ricordando la presenza di realtà toscane già pronte a colmare il gap.

Per i fanghi di depurazione, nuovo impianto che si intenderebbe realizzare, si possono utilizzare le tecnologie di carbonizzazione idrotermale (Htc), proposta anche questa a Scarlino, per produrre bio-carbone, oppure impianti di fermentazione anaerobica il cui biogas prodotto viene però depurato e scisso fra metano, idrogeno, così da valorizzarlo a pieno e non semplicemente bruciarlo come si prevede a Piombino. - viene aggiunto -Quindi il piano industriale proposto da Rinascenza Toscana prevede tecnologie impiantistiche in gran parte superate, è in contraddizione con quello che si muove in Toscana, non valorizza pienamente il riciclo e soprattutto sono finalizzate tutte ai rifiuti provenienti da fuori, cosa che, visto il furore demolitorio nei confronti di Rimateria da parte dell’attuale maggioranza appare assai strano il suo pubblico avallo, senza considerare che è in essere una variante urbanistica che prevede un parco pubblico in quel sito".

Oltre agli impianti, Legambiente fa una considerazione anche sugli spazi. "Il fallimento di Rimateria, sta determinando, già oggi sul territorio, una ulteriore difficoltà dettata dalla mancanza di impianti specifici di riciclo e di spazi di discarica, per accogliere i 300mila metri cubi di rifiuti che la Sales ha chiesto da tempo di conferire per poter scavare le fondamenta della strada 398, le 10mila tonnellate di rifiuti della bonifica della zona Enel, i rifiuti dalle bonifiche di tutto il Sin che prima o poi dovranno essere fatte, in primis quelle di Città Futura e il confinamento idraulico dell’area industriale. A questi si aggiungono le 80mila tonnellate di materiale, da riciclare, che deriverebbe dalla demolizione delle due ciminiere dell’Enel e dai rifiuti siderurgici presenti nell’area Li 53, per poi continuare con quelli presenti i nell’area industriale.Tutti interventi che altrimenti dovranno essere rivisti nei prezzi per la mancanza di un sito di prossimità".

"Inoltre - ha evidenziato Legambiente - si presenta un’altra emergenza per questo territorio, quella di riciclare i gessi rossi di Scarlino che fino ad ora venivano utilizzati per il ripristino ambientale della ex-cava di Montioni. Su questo fronte riteniamo che possano esserci le condizioni per avviare delle sperimentazioni che possano permettere di riciclare i gessi e rifiuti siderurgici per generare un materiale di riciclo per fare fondi stradali o piazzali e banchine portuali. In sostanza da due zone di criticità potrebbe sorgere una virtuosa industria del riciclo e dare così concretezza al termine di economia circolare".

Una serie di criticità quelle sollevate da Legambiente tutte figlie del fallimento di Rimateria, che grazie alla partecipazione pubblica e all'espressione del presidente, avrebbe potuto garantire un diritto di veto sul piano industriale. "Per poi ritrovarci - si conclude - con una società completamente privata che propone le stesse cose del Piano Pellati a suo tempo bocciato dal Comune di Piombino".