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I miei ossi di seppia

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "I miei ossi di seppia" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni

Salivoli (Foto di Riccardo Marchionni)

Pitosforo e tamerici sul declivio della solita vita incontrano cespugli di barba di Giove in odore di mare. Rumore vicino di onde che si frangono sulla risacca dipanando pensieri e illusioni. Là dove c’era un locale affacciato sul golfo e si ballava e si ascoltava musica fino a notte fonda, adesso vedi cabine e appartamenti affittati ai turisti. Resta il solito vecchio colore, rimane la scritta Nastro Azzurro, sbiadita come i ricordi, ma non canta il juke-box, stasera non ci sarà Cicciolina, neppure gli Slenders, neanche un giovanissimo Cocco Cantini. Granite perdute, poco distante, dove il bar del ricordo continua a frantumare ghiaccio, pure lui si è trasformato in cabine e stanzini, ripostigli per sdraio, canotti e ombrelloni. Non c’è più la palafitta di Romano che serviva muscoli (chi li ha mai chiamati cozze?) e limone, annaffiati da anonimo vino come se fosse il set del Ferroviere con Germi nei panni del Marcocci, come se il crumiro per amore dovesse prendere la sua ultima sbornia prima di morire. Adesso un ristorante con terrazza serve penne allo scoglio e pizze per presenti avventori non interessati ai fantasmi, forse solo un po’ confusi dai ricordi. Gabbiani famelici come piccioni sulla spiaggia, un piccolo bagno con pochi ombrelloni, un bagnino che scruta il mutare dei venti. I miei ossi di seppia son putride alghe del passato che la risacca abbandona, nottetempo. Salivoli che non c’è più, lo scoglio d’Orlando affogato da barche e cemento, una spiaggia perduta, ceduta al progresso che avanza. Salivoli che resiste, i bagnetti con gli ombrelloni in fila, disposti ogni sera prima del tramonto, un catamarano arenato, pronto a partire per toccare Cerboli. Mattina d’estate che è appena spiovuto, osservare il limitare incredulo dell’orizzonte, tra scaglie di mare, immaginare isole oltre le isole, quelle perdute, quelle non trovate. Provare a credere che da Salivoli sia possibile vederle, rimpiangendo con loro le occasioni perdute.