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Il fico del Rivellino

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Il fico del Rivellino” di Gordiano Lupi

Erano i tempi che dalle mura del Rivellino spuntavano i rami di fico, una pianta secolare nata chissà come e sopravvissuta chissà in quale modo, senza che nessuno se ne curasse, andando avanti in maniera del tutto naturale. Il fatto meraviglioso è che il fico non si trovava sulla terra del giardino prensile, ma era sbucato fuori dalle fessure in tufo della poderosa costruzione difensiva. Il fico del Rivellino ha retto agli attacchi del tempo per moltissimi anni, ha attraversato la mia fanciullezza, persino la giovinezza, l’ho visto andando a scuola in via Cavour, passando per corso Italia, prima di entrare al Metropolitan, sembrava normale che ci fosse, era parte del paesaggio. Non solo, l’ha visto anche mio figlio, appena in tempo, poco prima che se ne andasse, non ricordo quando, morto di vecchiaia, disidratato dal passar del tempo.

Adolfo Capitani, il poeta di Trastevere - il Rivellino è la porta della città vecchia! - affascinato dal fico secolare, negli anni Settanta gli dedicò una poesia, facendolo entrare di diritto nella leggenda. Oggi mi è venuta voglia di andarla a cercare per farvela rileggere …

Che fico strano c’è nel Rivellino, lo guardo sempre e fino da bambino
ho pensato: ma come fa a campare, in mezzo a quelle mura secolari?
Abbarbicato lassù, domina piazza Verdi, con aria mesta e triste sta a guardare
quasi sempre sui rami le sue foglie verdi e ascolta le persone conversare.
Ne ha sentite lui di cose dai comizi, ha visto cortei, udito bande musicali,
di Piombino ormai conosce virtù e vizi, ma per lui i cittadini son tutti uguali.
Immensa è la sua pazienza. Da quando è nato urla, frastuoni, evviva, battimani, tamburi. Ma mai una volta avesse detto mi son seccato, anzi desidera che questa cosa duri
Guardalo! Guardalo bene, tanto cosa perdi? In estate del Comune sembra una bandiera,
chissà com’era brutta piazza Verdi quando nelle mura del Rivellino il fico non c’era.
Ora è inverno, fa freddo e lui è lì: annichilito, siccome son suo amico, sono andato a trovarlo, gli ho parlato:
“Ehi, sei proprio giù di corda! Mi sembri quasi ito. Non per il manifesto ma a me lo puoi dir quando sei nato”.
“Son nato … Son nato tanto, tanto tempo fa. Aprii gli occhi, misi la prima foglia e la prese Luisa la Baciocchi.
Non temer per la mia vita, amico mio, non soffrire. Sai quanta gente ho visto e vedrò ancora nascere e morire”.

Adolfo Capitani si prende piccole licenze poetiche, chiama Luisa la Principessa Elisa Baciocchi, immagina che il fico sia nato ai tempi dei francesi a Piombino, la pensa come una pianta bicentenaria, spuntata dal Rivellino ai primi vagiti dell’Ottocento, per sopravvivere fino agli anni Duemila. Non è dato sapere la verità, ma è bello pensare a un fico sorto tra le crepe della fortezza come per omaggiare la sorella di Napoleone, venuta a governare il piccolo Principato di Piombino.