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Il nostro 25 Aprile

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Il nostro 25 Aprile” di Gordiano Lupi

Pietro Ingrao a Piombino nel 1976

Il nostro 25 Aprile era il pratone di Baratti o la pineta di Rimigliano, anche il vecchio Pinetone indimenticato, per i più chic c’era Punta Ala, per altri andava bene la Fiera del Madonnino, a Braccagni. Il nostro 25 Aprile era il discorso del sindaco sotto il Rivellino tra bandiere tricolori, ricordo Tamburini e Polidori, Benesperi e Baldassarri, davano la parola a Tognarini che parlava di storia e di Resistenza, Bella ciao in sottofondo, persino Bandiera rossa, molti anni fa.

Il nostro 25 Aprile era un padre che ti diceva guarda che i fascisti non devon più tornare, tocca a voi portare avanti quest’idea, siamo tutti uguali, neri, ebrei, comunisti, cattolici e musulmani. Il nostro 25 Aprile era la Festa della Liberazione, la festa di tutti i partiti dell’arco costituzionale, non per i fascisti, per loro non era festa, erano esclusi dalla legge fondamentale della Repubblica Italiana che vietava la ricostituzione del Partito Fascista. Il nostro 25 Aprile era la Festa di Rifondazione Comunista a San Lorenzo con i canti della Resistenza intonati da un livornese di cui non ricordo il nome, vino rosso generoso, baccelli e salame. Il nostro 25 Aprile era la Festa del Carciofo a Riotorto, nella pineta buona per ogni evento, sportivo o politico, culturale o danzante, ogni scusa andava bene pur di mangiare al fresco.

Il nostro 25 Aprile era il primo bagno al mare, tuffi a bomba dalla punta del Falcone, al largo dei ricordi sulla spiaggia renosa di Perelli, prendere il primo raffreddore stagionale, tanto che cosa vuoi che sia. Il nostro 25 Aprile era la gita fuori porta, il sale lo porti tu, io compro i baccelli, un po’ di prosciutto e formaggio si prende da mamma. Il nostro 25 Aprile era Populonia Alta e il castello degli Appiani, la spiaggia pietrosa di Canessa, le tombe etrusche, il porticciolo con le barche ancorate e quella striscia sottile di bagnasciuga.

Il nostro 25 Aprile era il sogno d’un mondo migliore, la voglia di dimenticare i racconti del nonno, la convinzione che non ci sarebbero più stati eserciti invasori a far violenza per strada. Il nostro 25 Aprile si cantava sempre Bella ciao, faceva parte del programma, non si poteva proprio farne a meno. E non era solo un fatto politico. No davvero. Bella ciao si deve cantare sempre, ché le ingiustizie son sempre in agguato, un nemico vigliacco può sorprenderti ancora, come dimostra la storia.