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Il trenino dei desideri

Su #tuttoPIOMBINO Gordiano Lupi ripercorre a tappe il percorso del trenino che spesso vediamo girare per le strade della città

Il laghetto di piazza della Costituzione - Foto di Riccardo Marchionni

Prendere un trenino cittadino con tua figlia in una calda notte di Luglio percossa dal vento di scirocco. Prendere un trenino composto da spartane carrozze trainate da una motrice, tentativo di mostrare una Piombino turistica, come Sorrento e Amalfi, Follonica e San Vincenzo, Rimini e Riccione. Prendere un trenino che parte da piazza Gramsci, luogo dove si erge una scultura atroce, ricordo di piazza Tre Orologi e di un re che portò l’acqua a Piombino. 

Tutte cose che tua figlia non può sapere, il suo tempo perduto è soltanto il trenino, il ricordo d’una bambina che per mano a suo padre saluta felice i passanti mentre il treno suona la sirena e corre nel vento. Non che adesso sia una donna, dieci anni sono niente, in fondo, ma già possiede piccole madeleines da inzuppare nell’infuso di tiglio. 

E allora prendiamolo questo trenino che penetra i ricordi, lasciamolo correre lungo strade cittadine alla scoperta d’una Piombino turistica costretta in una via del centro e una piazza sul mare, confinata in un borgo marinaro dove un tempo partivano i postali, delimitata da un Castello con bar nel giardino, una birreria di mare, qualche ristorante, poco altro.

Via del Popolo silenziosa, agavi in attesa di conquistare il cielo grazie a fiori odorosi, musica che feconda la notte da un locale vicino al più antico Vespasiano cittadino e un castello prigione che libera emozioni. Girato l’angolo, tra fichi d’india e tamerici, una villa costruita davanti all’Elba, la curva conduce al cimitero, tra strade dormitorio dove non accade niente. Il trenino rincorre i Portici, petrarchesco ricordo giallo opaco, soffuso di malinconica tristezza, ti accompagna in piazza della Costituzione, silenziosa e assorta, deserta anteprima d’una spettrale via Amendola, che esibisce il niente travestito da albergo con piscina e spiaggia. 

Raggiungi via degli oleandri e delle tamerici, subito dopo il palazzo della Sirena, poetico nome che proviene da un vecchio racconto, ormai lo uso, mi piace più del vero che ricorda l’inventore della radio. Hotel Esperia che si affaccia sul mare e degrada tra scogliere verso il Canaletto, ricordo degli anni Sessanta cristallizzato in un lento divenire della storia. Spiaggia di Salivoli, notturno deserto, chalet sul mare con pochi avventori, nessuno che canta, che suona, che prova a dare un senso a un’estate di tentato turismo, in astinenza d’acciaio. 

Per fortuna il trenino non fa tappa ai Diaccioni, non penetra torri e palazzi rosso mattone, strutture di ferro ossidato che il turista non potrebbe capire. Devi esserci nato in questo squallore per amarlo, pensi. E così il trenino ritorna alla base, ripercorre antiche strade, canne di bambù e tamerici, piazze colorate d’abbandono, tigli che rimpiangono bambini perduti, luoghi della città consegnati al niente. Basterebbe poco, forse. Ma quel poco è troppo, per chi rimpiange un passato d’acciaio, per chi s’illude d’un presente di perduto acciaio, per chi ricerca un futuro che riporti in vita l’acciaio. 

Il trenino è giunto alla meta, mia figlia ancora non lo sa ma un giorno sarà la sua madeleine, ricordo d’un perduto istante di se stessa bambina. Per suo padre, invece, resterà il trenino dei desideri, preso in una notte d’estate da un’improvvisata stazione cittadina, macchina da presa immaginaria che ha condotto i suoi pensieri a percorrere un tragitto a ritroso nella memoria. 

Proprio come nella canzone del passato, delle gite scolastiche negli ultimi posti dell’autobus, di tante partenze e di troppi ritorni, il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.