Cultura

"La cultura diventi strumento di analisi critica"

Tra i venti firmatari del manifesto anche Paolo Favilli che spiega la sua visione per il rilancio della cultura cittadina come strumento di crescita

Il Rivellino di Piombino

Proseguono gli interventi da parte degli aderenti al Manifesto dei 20 per la cultura. Questa volta è Paolo Favilli, già docente di Storia contemporanea e teoria della conoscenza storica dell’Università di Genova e già Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici di quell’Università. 

"Nonostante la mia assenza sostanziale di qualche decennio, da quei primi anni Settanta quando mi occupavo attivamente del problema come assessore alla cultura, l’aver compiuto comunque l’importantissima prima formazione culturale ed insieme politico-sociale a Piombino, in un periodo di ascesa democratica della città e del Paese nel suo complesso, fa di me un piombinese per sempre. E l’aver pensato ed operato in un orizzonte esterno, mi permette, forse, di pensare meglio l’interno", ha esordito in una nota ricordando come cultura e politica siano strettamente collegate.

"Una cultura capace di coniugare il senso profondo delle sue modalità di pensiero ed espressione e il senso profondo della nobiltà della politica. - ha detto - Questo è il punto: la politica è nobile solo quando i sui svolgimenti sono mediati da forte compenetrazione con la sfera culturale. Solo in tale dimensione è possibile l’intelligenza delle cose. Questo tipo di rapporto tra politica e cultura si è progressivamente esaurito durante il 'grande balzo all’indietro' che ha caratterizzato il nostro mondo a partire dagli anni ‘80". 

"Senza il modo nobile di pensare la politica, banalizzazione, chiacchiericcio, personalizzazione, logiche dei gruppi d’interesse, trasformismo, sono diventate progressivamente il luogo del confronto e del dibattito pubblico. Cialtronismo e ignoranza ne sono gli indicatori più immediati. - ha aggiunto - L’ignoranza non è tanto il frutto della scarsa frequentazione dei libri, per lo meno non soltanto, quanto del tipo di domande che l’uomo politico pone alla realtà economica e sociale. È il frutto, insomma, della mancanza di intelligenza delle cose, sostituita dall’abilità di movimento tra le cose in vista di un interesse, lato sensu, personale. È mancanza di cultura. Cultura in quanto momento essenziale della possibilità di pensare il sistema di relazioni, nello spazio e nel tempo, che è alla base della conoscenza di quella che chiamiamo realtà. Una realtà di cui la cultura, nel suo senso pieno, è strumento fondante di analisi critica".

"Coloro che a Piombino si sentono impegnati nel rilancio della cultura cittadina come strumento di crescita democratica e civile della società, devono avere ben chiaro che si tratta di un’impresa difficile, quando lo spirito del tempo spira forte in maniera contraria. - ha concluso - Fuori e dentro Piombino, dunque, secondo la tradizione novecentesca della città, è necessario pensare a declinare la cultura in forme nuove. E proprio la costruzione di queste forme nuove si porrà, penso, come momento centrale della nostra battaglia per la cultura".