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La mia prima volta al Magona

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi ricorda la sua partita al Magona

“Preparati, che facciamo tardi. È già suonata la sirena dell’Ilva”, dice mio padre.

“Subito babbo”, rispondo.

Mancano soltanto le scarpe, per il resto è da tempo che sono pronto. Oggi è il grande giorno, si va allo stadio, vedo la mia prima partita dal vero. Abitiamo abbastanza distanti dal Magona, sono le due del pomeriggio, gli operai escono in bicicletta dal grande stabilimento che intravedo dal balcone di casa, in via Gaeta. Tra mezz’ora comincia la partita, appena in tempo per gli operai che vogliono vederla, pure per noi che attraversiamo trafelati via Pisacane all’incrocio con il Bar Stadio e ci dirigiamo verso il Chiassatello, passando davanti all’asilo Spranger e ai blocchi di Magona, quindi sotto il passaggio a livello, incuranti che stia per passare un treno. Vedo davanti a me quella che sarà la casa della mia adolescenza, ancora non posso saperlo, la cantoniera che si affaccia sui binari dove sfrecciano littorine per Campiglia e direzione porto. Saliamo le scalette in marmo che portano in viale Regina Margherita, subito ci troviamo davanti una piccola folla che si accalca davanti ai botteghini dello stadio, una costruzione così bella e altera in mattoncini rossi, un ingresso suggestivo costruito da un architetto importante, così dice mio padre, proprio uguale all’Arena Garibaldi di Pisa, che non ho mai visto.

Mio padre compra due biglietti di curva, in gradinata dice che fa freddo, siamo a novembre, sui gradoni esposti a tramontana non si sta bene, la tribuna invece è troppo cara, costa millecinquecento lire, son tanti soldi per un ferroviere. Io protesto un poco, poi mi arrendo, quel che conta in fondo è vedere la partita. Due biglietti da duecentocinquanta lire l’uno, in pratica la mia paghetta, ma tanto paga lui, è il mio regalo di compleanno, ché tra quattro giorni compio otto anni, mi sento grande, faccio già la terza elementare. Eccoci in curva, dopo aver varcato l’ingresso e passato un paio di controlli dei biglietti, vedo la tribuna antica di colore verde, le sedie comode e spaziose, piena di tifosi; alla mia sinistra la gradinata zeppa di sportivi, saranno mille persone, per me son proprio tante. Il Piombino vestito di nerazzurro come l’Inter gioca contro una squadra in maglia giallorossa, si chiama Quarrata, mio padre spiega che è un paese in provincia di Pistoia, uno rivale storico, ci abbiamo giocato contro tante volte. A un certo punto l’altoparlante dello stadio scandisce i nomi dei giocatori. “Campionato Nazionale Serie D, girone E, stagione 1968-69, queste le formazioni che scenderanno in campo agli ordini del signor Belladonna di Roma. Unione Sportiva Piombino: Innocenti, Topi, Lavarello, Fommei, Vemati, Chelotti, Puntoni, Parola, Tortelli, Veneziani, Bianchi”. Poi dicono anche la formazione del Quarrata, ma io son già distratto dai colori e dalla gente che grida, mi resta impresso solo il nome del battitore libero, un certo Gonfiantini, uno dei miei idoli quando giocava nel Pisa in serie A. Quante partite immaginarie gli ho fatto disputare in via Gaeta muovendo con le dita la sua figurina!

Le squadre adesso sono in campo, mio padre ha inforcato gli occhiali da sole mentre io mi lamento che in gradinata avremmo visto meglio.

“Qui si sta bene” replica babbo “almeno c’è il sole”.

Non son mica venuto alla partita per prendere il sole, penso, ma non lo dico, son venuto a veder giocare il mio Piombino, voglio gustarmi tutte le reti in modo chiaro, soprattutto i palloni devono entrare nella porta giusta.

“Babbo, posso mettermi gli occhiali?” chiedo.

“Solo per poco, ti fanno male alla vista”.

Indosso gli occhiali e osservo quel campo così bello dove un giorno scese in campo la Roma e perse, ma io non ero ancora nato; sarebbe un sogno giocare su quel manto verde con la squadra dei pulcini, invece per noi c’è il campino marrone, quello con il muro di protezione vicino alla linea laterale e la terra dura dove ti sbucci le ginocchia. Ecco che vedo il mio stadio filtrato dai colori delle lenti verdi di mio padre, come se fossero una televisione americana, il nerazzurro sfavilla insieme al giallorosso, mi sembra d’essere all’Olimpico mentre guardo l’Inter giocare contro la Roma.

“Ora dammeli che inizia la partita” intima mio padre.

A malincuore eseguo l’ordine e mi metto a fare il tifo, grido forza Piombino e seguo i cori che qualcuno accanto a me prova a intonare, mentre mio padre imperturbabile ascolta la radio con l’auricolare e osserva distrattamente l’andamento delle azioni in campo. Purtroppo le cose non vanno sempre come vorrebbe un bambino di otto anni che pensa la sua squadra invincibile. La musica è diversa da quella che vorrei veder suonare, dopo quarantadue minuti uno di loro, un certo Scali con la maglia numero undici, attaccante di sinistra, tira in porta e lascia di stucco il povero Innocenti. Perdiamo uno a zero ma possiamo recuperare, c’è ancora tutto il secondo tempo.

“Pareggeremo, babbo?” chiedo speranzoso.

Per un bambino un padre può fare proprio tutto per accontentare un figlio, è un supereroe, può persino raddrizzare il risultato di una partita che si è messa male. Lui fa una smorfia con la bocca e continua ad ascoltare Tutto il calcio minuto per minuto: “Importante è che non perda l’Inter”, risponde. Ma non è mica vero, per me non deve perdere nemmeno il Piombino, questa partita è il mio regalo di compleanno e io voglio vincere, altrimenti non è un regalo.

Inizia il secondo tempo, ma questo Piombino non carbura, dopo venti minuti arriva un’altra rete, sotto la curva dove son seduto, ma è la porta sbagliata, segna un certo Ripa, con la maglia numero otto ed è ancora ungiocatore del Quarrata. Il pubblico rumoreggia, io son deluso, mio padre continua ad ascoltare le partite, non pare troppo interessato. La partita finisce che abbiamo perso due a zero. Maledetto Quarrata, penso, che mi ha rovinato il compleanno. Sfolliamo insieme al numeroso pubblico, sento il chiacchiericcio dei tifosi delusi, il Piombino ha perso in casa, è ultimo in classifica. “Quest’anno si torna in Promozione”, “Eh, non è mica il Piombino della B”, “Quando c’era la Magona…”, “Carlotti quei palloni li avrebbe presi”… Mio padre ha spento la radio soddisfatto, l’Inter ha vinto, questo per lui pare che sia importante, anche se mi vede molto triste quando esco dai cancelli del Magona.

“Non sei contento? Ti ho portato alla partita. Non era quello che volevi?”.

“Ma non abbiamo vinto!”

“Eh, quello non lo decidiamo mica noi…”.

Forse è stato proprio quel giorno che ho capito il significato della parola sconfitta, guardando una partita che mi è rimasta impressa per tutta la vita e che a cinquantasette anni di distanza rivedo come se fosse un vecchio film in bianco e nero.

Il tabellino della vera partita

Campionato Nazionale Serie D – Girone E – Stagione 1968-69

10 giornata – 24 novembre 1968

Piombino – Quarrata 0-2 (0-1)

Piombino: Innocenti (67’ Nannini), Topi, Lavarello, Fommei, Vemati,. Chelotti, Puntoni, Parola, Tortelli, Veneziani, Bianchi.

Quarrata: Cianciolo, Piemontesi, Cappellini, Sammartino, Gonfiantini, Nesi, Borroni, Ripa, Messana, Bessi, Scali.

Arbitro: Belladonna di Roma

Reti: 42’ Scali, 65’ Ripa

Al termine del campionato il Piombino si classificò ultimo con 25 punti e fu retrocesso in Promozione.

Le informazioni e la foto provengono da Almanacco nerazzurro di Giovanni Gualersi.