"Ora, non vorremmo partire dall’antica Grecia per parlare di teatro… ma l’occasione è ghiotta. Per gli ateniesi il teatro è un fatto collettivo, è un fatto di popolo, spirito di una comunità e luogo dove la comunità stessa si riconosce, si interroga e cresce. E, senza volare troppo in alto, oggi vale la stessa cosa: i teatri sono beni collettivi e sottrarli alle comunità non si fa un torto a qualcuno ma a tutti. Infatti sia il cinema che il teatro non sono semplici contenitori dove “si va a vedere qualcosa”, ma sono calamite di cultura. Soprattutto perché più ci investi e più le compagnie arrivano, più circola creatività, più una città smette di essere periferia e diventa centro".
Dario Filippi, consigliere comunale di Rifondazione Comunista Piombino interviene sulla mancanza di politiche culturali dell'amministrazione comunale.
"E proprio da qui dovevano partire le due grandi rivoluzioni sociali annunciate da questa giunta nel 2018: superare la monocultura “operaia” puntando su turismo e terzo settore e allungare la stagione turistica per evitare il solito “mordi e fuggi” estivo. - prosegue Filippi , Sono obiettivi che, senza cinema e teatro, semplicemente non stanno in piedi: il turismo culturale esiste solo se ci sono eventi, programmazioni, luoghi vivi. Invece ci ritroviamo con un tradimento clamoroso del mandato: la città resterà per almeno un anno e mezzo senza spazi di cinema e teatro. E attenzione: il problema non si risolve neppure quando, un giorno, parleremo di riaperture. Infatti la cultura è un circuito virtuoso: serve continuità. Uno stop di un anno significa uscire dal giro - e per rientrarci, quando il mercato sarà già spartito altrove, ci vorranno anni. Come sempre per Piombino".
"È chiaro, allora, che il tema è politico, non tecnico. - aggiunge Filippi - E riguarda un’intera impostazione amministrativa. In sette anni non è stato costruito alcun piano della cultura, nessuna strategia complessiva. Si è navigato a vista, con interventi piccoli e disorganici, fino ad arrivare addirittura alla delega alla cultura data al sindaco — che poi, sommerso da vertenze e responsabilità, ha inevitabilmente rimandato tutto agli uffici tecnici. Senza una guida politica, gli uffici si sono limitati alla gestione dell’esistente. Risultato: una città senza direzione culturale proprio quando più ne avrebbe avuto bisogno".
"Così, nel giro di poco tempo, chiudono entrambi i cinema. E perfino sapendo da anni che si sarebbe arrivati alla chiusura dello stabile comunale, non è stato fatto nulla per preparare alternative. Niente riapertura del Circolino delle Acciaierie, che da anni aspetta una nuova vita. Nessuna tensostruttura temporanea. Nessun accordo quadro che permettesse di non chiudere l’Odeon. Nessuna idea di riconversione degli enormi spazi del demanio pubblico. Niente. - conclude Filippi - Il problema allora è chiarissimo: non c’è stata la volontà politica di evitare la deflagrazione del nucleo culturale materiale della città. Non c’è pianificazione, non c’è progettazione, non c’è visione. E per capire quanto basti poco, basta guardare altrove: San Giovanni Valdarno, 16 mila abitanti in provincia di Arezzo, ha organizzato una due giorni internazionale su Pasolini con studiosi di tutto il mondo. A Piombino, 30 mila abitanti, non ci si avvicina neppure lontanamente a qualcosa del genere. Perché? Perché manca la volontà politica. Manca proprio l’idea che la cultura sia una priorità strategica. E allora non siamo qui a discutere dei dettagli tecnici. Siamo qui a chiedere alla giunta, concretamente e subito: che cosa intendete fare per evitare l’ennesima perdita irreversibile per la città? Quali alternative dignitose, realistiche e immediate volete mettere in campo per non lasciare Piombino senza cultura per mesi e mesi? Sono già passati due mesi di stop totale. Non c’è più tempo da perdere".