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Ottobre, Circolino e ricordi...

Su #tuttoPIOMBINO Gordiano Lupi, di fronte a un cancello serrato, ripensa a quelle domeniche passate al Circolino o al Sempione

Foto di Riccardo Marchionni

Nebbia labile del tuo Ottobre, che nasconde le cose lontane, ci prova ma dopo si arrende, in fondo non è così facile. Pioggia triste di questo ottobre che ricorda giorni di scuola, tempi passati da libro Cuore, tempi perduti, riposti nell’armadio canforato di Gozzano, tra piccole cose di pessimo gusto e lacrime di Corazzini, piccolo poeta sofferente che ricerchi per stanze ammuffite d’un vecchio liceo, sopra la fonte delle serpi in amore. 

Giorni d’Ottobre quando un ricordo ti balza intorno come un grillo perduto nel campo che non trova casa e riparo. Ricordo che si fa largo tra flebile nebbia e gocce sottili di pioggia d’un umido ottobre che fende il costato e addolora il presente con il peso del passato. 

E allora rammenti un teatro, un cinema vicino alla fabbrica, accanto a un campo di bocce e un cortile, proprio quello della tua scuola. I tuoi passi ti portano lesti a cavalcar la memoria, ma più non ritrovano campi, cancelli, abitudini, sogni, risate, pensieri, sciocchezze di giorni lieti che a te non parevan sì lieti. Adesso che pure la fabbrica non sai che fine può fare, di certo comprendi che almeno i campi di bocce più non ci sono, ché forse son tempi diversi, adesso nessuno più gioca. Tutto distrutto e perduto nel triste abbandono. E il teatro assiste attonito al turpe presente, non resiste al tempo che incede, soffocato da erba e cespugli, oppresso da crepe e oleandri, invaso da silenti ricordi. 

Un tempo - par dire - qui venivan bambini a vedere spettacoli, ero un teatro, ero un dopolavoro, ero il circolino della vostra infanzia. Ero la vostra domenica, se non andavate al Sempione, se non c’era il film nella piccola chiesa in via Landi, se non giocava il Piombino al Magona. Adesso cancello serrato, sbarre ossidate come i pensieri, pitosforo selvaggio a far da barriera. E tu non puoi entrare, non puoi varcare un ingresso infestato da felci e cespugli, da natura indomita e fiera. 

Ad un tratto, poco distante scorgi una crepa, feritoia nel mattino, varco nel tempo che apre a pensieri lontani. E dal campo di bocce intuisci una mano levata, vedi fiorire un sorriso, scorgi un vecchio bambino volare nel cielo, tra nebbia e nuvole nere. Non sai che pensare ma presto ricordi, comprendi che quello che vedi è un breve frammento di polvere antica, pezzo di celluloide sfuggita a topi famelici che tutto divorano, palco, camerini, pensieri e pedane, sussurri e risate, scene perdute e mai viste. Ti basta poco e comprendi che il vecchio bambino è Totò a cavallo della scopa nel cielo della vecchia Piombino, accanto De Sica e Zavattini, che da veri signori si tolgono guanti e cappello e fanno un inchino. 

E il tuo Circolino sorride, ma è un sorriso forzato, un po’ amaro, una smorfia velata di pianto.