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Parlavamo piombinese

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Parlavamo piombinese - Cimbèrli, bernècche, effetto macelleria, stappino” di Gordiano Lupi

Foto di Riccardo Marchionni

I nostri vecchi quando vedevano un ubriacone, uno sempre allegro per motivi di vino lo apostrofavano così: E sei sempre in cimbèrli! Oppure: De’ sei sempre in bernècche! Modi di dire scomparsi, forse sopravvive è come una gola d’acquaio per definire una persona che beve un bicchiere di vino dietro l’altro, pure se oggi vanno di moda gli spritz. Cimbèrli è italiano antico, dopo una ricerca etimologica apprendiamo che deriva da cembalo, uno strumento musicale usato nelle feste, ergo essere in cimbèrli sta per essere allegro, amare vivere nella gioia, magari procurata dal vino. Andare in bernècche, invece, significa proprio ubriacarsi, sempre italiano antico, un toscanismo caduto in disuso. È alticcio, è in bernècche, è briaco … quando una persona è di fuori nel parlare e nell’agire perché ha bevuto molto. “Ma lascialo stare, un lo vedi che l’è in bernècche!” Al giorno d’oggi non si usa più, si sente dire solo: l’è briaco(popolare), l’è alticcio (sofisticato) …

Restando in cucina, i nostri vecchi che facevano i contadini per portar la roba in campagna usavano la gerla, termine non dialettale, ma italiano forbito, anche se noi ragazzi mica si sapeva. La gerla è la cista cibariadei latini, il suo uso deriva dalla Valtellina, provincia di Sondrio, si tratta di una cesta parecchio grande fatta di legno, vimini o viburno intrecciati a forma di tronco o di cono rovesciato, aperta in alto e munita di due cinghie per mettersela in spalla (oppure in bici) carica di generi alimentari.

Divagando sul cibo avete mai sentito parlare di effetto macelleria? Si usa questo termine quando si crea volutamente un capannello di gente che non compra ma sosta davanti alla nostra attività commerciale per far capire che la merce è buona. Effetto macelleria perché un tempo molti macellai che aprivano il negozio di buon mattino usavano tale espediente per far capire alle massaie uscite per compere che dovevano fermarsi perché la carne era ottima.

Ancora sugli alimenti e sui negozi dove si smerciano bevande, c’è un detto che proviene da Venturina e me l’ha fatto notare Alessandro Fulcheris - scrittore piombinese con un pozzo di aneddoti da raccontare - parlando di bar affollati da ragazzi. “E ti ci levo io dai bari!” (in alcuni casi si trova anche il più sgrammaticato barri) è un’esclamazione che deriva da un’azione compiuta da un vecchio venturinese che si era scocciato di sopportare dei ragazzi rumorosi nel suo bar preferito, ché lui voleva leggere Il Tirreno in pace e bere il suo caffè. Quale rimedio usò il signore in questione? Una cosa che ricorda la commedia sexy e le pellicole di Pierino: mollò due sonore scorregge piuttosto mefitiche, esclamando: E vi ci levo io dai barre!, lui disse proprio così, era incazzato nero e per sottolineare la sua ira ci mise due erre.

Passiamo a quando si deve aprire una bottiglia di vino o di spumante, ma anche una semplice bibita. Lo sapete a Piombino cosa si chiede? Un apribottiglie sarebbe troppo semplice e raffinato. Dammi un po’ uno stappino! si dice quando si parla di un tappo a corona di una bottiglia ordinaria, da aprire con un apribottiglie a pressione. Passami il tirabusciò! invece fa riferimento al cavatappi per aprire una bottiglia di buon vino, con tappo di sughero o di altri materiale, inserito a pressione. Tirabusciò è un toscanismo in disuso che deriva dal francese tirebouchon, in alcuni casi allungato e completato in tirabuscione.