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Pasquale Mannucci che si mangiò tutti i cavallucci

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia una storia natalizia di Gordiano Lupi

Foto di Riccardo Marchionni

“Lo vedi quel castello in rovina?” Dice il nonno al nipote alzando lo sguardo dal lungomare di via del Popolo verso i poveri resti delle mura trecentesche della Piombino Vecchia.

Il bambino annuisce, stringe forte la mano del nonno e pregusta la fiaba che sta per uscire da labbra mai stanche di nuovi racconti.

“Un tempo era una prigione e le sue segrete molti anni or sono divennero l’ultima residenza di tre singolari personaggi”.

Il nonno siede su una panchina del giardino, fuma un sigaro toscano e racconta.

“C’era una volta un uomo chiamato Pasquale Mannucci che proveniva da un paese lontano della montagna amiatina. Lui diceva di aver inventato dei dolci molto buoni, a base di canditi e mandorle, che la tradizione popolare chiamaancora cavallucci. Era un uomo egoista e goloso, mai sazio di quei dolciumi prelibati che allietavano il Natale dei bambini piombinesi, tanto che ben presto si pentì di aver fatto partecipe troppa gente d’una ricetta così prelibata. Fu così che organizzò una banda di malfattori in costume che trafugava in ogni forno cittadino i dolcetti a base di zucchero a velo, canditi, mandorle e farina non lievitata. A capo del gruppo c’erano addirittura Arlecchino e Brighella, originari di altri lidi, ma che si erano trasferiti a Piombino per compiere un singolare crimine in maschera ai danni dei bambini. Un bel giorno i gendarmi li colsero con le mani nel sacco, proprio mentre Brighella riempiva la sporta di Arlecchino con tutta la provvista di cavallucci del forno comunale. Confessarono subito, non ci fu bisogno di torture, davanti al questore dissero quella verità che il popolo da tempo mormorava. Pasquale Mannucci non sopportava che altri condividessero il piacere dei dolcetti natalizi di sua invenzione, lui voleva mangiarsi tutti i cavallucci! Il diabolico individuo fu tradotto al castello in catene, assieme ai fidi briganti e terminò la vita espiando le sue colpe, per la gioia dei bimbi di Piombino, liberi di mangiare i dolci preferiti”.

Il nonno assapora il sigaro, anelli di fumo escono dalla bocca, quindi termina la storia.

“Ascolta la voce del vento di libeccio quando canta nella sera; è la voce di Pasquale Mannucciprivato dei suoi dolci preferiti che si abbandona a tristi lamenti. Quando il mare percuote le scogliere nelle notti di tempesta puoi udire le sue grida irripetibili che si confondono agli schizzi del salmastro. Se ti avventuri verso la punta di Piazza Bovio e guardi il castello, un tempo ridotto a un ammasso di rovine cadenti, adesso riportato a nuova vita, vedi il suo fantasma aleggiare su ricordi lontani. Insieme a lui c’è un sordido carceriere che ripete la stessa domanda, come se fosse la scena d’un vecchio film: “Chi sei?”. Ilfantasma in lacrime è costretto a rispondere per l’eternità: “Sono Pasquale Mannucci e mi mangiai tutti i cavallucci!”. Parole flebili accompagnano la voce del vento, si confondono tra il clangore delle catene e gli spettrali rimpianti, mentre un antico dolore giunge dal mare, sospinto dal ponente”.

Il nonno ha finito il suo Toscano ed è giunto al termine della storia.

“Per questo il castello ha subito per anni un cadente abbandono. Arlecchino, Brighella e il perfido Pasquale Mannucci impedivano di avvicinarsi e di provare a ricomporre qualcosa da quelle antiche pietre. I loro sinistri lamenti spaventavano a morte, soprattutto quando si avvicinava il Natale e quelle anime in pena soffrivano l’assenza dei dolci preferiti, ben sapendo che le tavole dei bambini piombinesi ne erano colme”.

Il bimbo osserva il nonno e medita sulle ultime parole.

“ Ma adesso il Castello è stato rimesso a nuovo, è diventato un museo, ci fanno persino gli spettacoli estivi, al suo interno vengono celebrati matrimoni…”.

“Ogni pena ha un inizio e una fine, serve a far capire dove abbiamo sbagliato, insegna a non commettere più gli stessi errori. Il Buon Dio ha capito che Pasquale Mannucci si è pentito per le sue mancanze e l’ha liberato dalla maledizione. Il girone dei golosi è pieno di anime penitenti, una in meno non cambierà le cose”.

Il nipote pare rasserenato. Un sorriso si allarga sul volto.

“Per fortuna! Mi stava simpatico Pasquale Mannucci. E poi anch’io sono goloso di quei dolci, a Natale nascondo il sacchetto in camera, sotto il letto, per mangiarmi tutti i cavallucci”.

“Attento” fa il nonno, che conosce bene la golosità del nipote “può essere pericoloso! Potresti fare la fine di Pasquale Mannucci”.

E guarda in cielo, dove una nuvola bianca pare aver preso l’aspetto di un signore in giacca e cravatta, panciotto d’altri tempi e baffi a manubrio, che sta divorando una pasta ripiena di mandorle e canditi, mentre lo zucchero a velo si sparge nel cielo e va a comporre brandelli di nuvole.