Sono nato in un’altra città che pure si chiamava Piombino
Ricordo il rumore del carrozziere e del fabbro.
Ricordo i tigli della piazza della scuola, cose della nostalgia.
Ricordo un cortile pieno di polvere di carbone.
Ricordo la sirena della fabbrica e le rondini dal balcone.
Ricordo un pallone che ribalza in un muro di mattoni.
Ricordo le luci soffuse delle notti d’estate.
Ricordo il tempo della povertà, i vicini rumorosi e presenti.
Ricordo il rumore delle siviere.
Ricordo quel che ho vissuto e quel che mi hanno raccontato.
Ricordo Pino il cenciaio con la sua voce roca.
Ricordo il Bertelli con le sue mani mozze.
Ricordo la tabaccheria d’angolo, l’edicola Rinascita.
(Là dietro viveva un amico scomparso nel tempo).
Ricordo i cortili delle povere case, teatri di lotte tra indiani e gangster.
Conservo il ricordo di mio padre che esce presto al mattino.
In quella Piombino del passato sarei un estraneo.
Un Paradiso perduto, tra campi di calcio sterrati e ciminiere.
Qualcuno molto simile a me, qualcuno che starà leggendo
rimpiangerà le piazze polverose e un altoforno spento.
(Ispirata come tono e musicalità a Buenos Aires di Jorge Luis Borges)