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Vecchia stazione e Acciaieria perduta

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Vecchia stazione e Acciaieria perduta” di Gordiano Lupi

Foto di Riccardo Marchionni

Ti svegli di buon mattino e percorri la strada della vecchia stazione dove non c’è più la signora dei giornali che ti metteva da parte l’ultimo fumetto dell’Uomo Ragno, neppure il bar di Verdicchio con i giocatori di carte a ogni ora del giorno, né la biglietteria con un ferroviere burbero che chiamavano l’Orco, neanche i bagni e la sala d’aspetto, son tutti scomparsi i luoghi dove lavorava tuo padre. Tutto cementificato e sbarrato. Tutto serrato per non più riaprire, anche se un cartello Affittasi tenterebbe d’illudere che un giorno sarà possibile tornare a comprar giornali nell’edicola che fu della signora Adorna.

Il fantasma di Romano il ferroviere si aggira affranto per i resti del suo giardino, fontanella ossidata, vasca senz’acqua, pesci rossi defunti, fiori dimenticati. Non c’è più il salice, peccato, ché vista la situazione avrebbe di che piangere su tempo perduto, cose non fatte, macerie in abbandono. Di tanto passato questo ci resta, una voce robotica che annuncia un treno che trasporta pochi viaggiatori.

Riprendi il cammino, da piazza Niccolini raggiungi via Pisacane, direttrice di sogni d’infanzia, ed è là che in fondo alla strada lo vedi il capannone del passato che faceva capolino dalle finestre di casa, in via Gaeta, quello che tuo padre non voleva avere mai davanti agli occhi, ché mangiava dandogli le spalle. Ancora per poco, poi tutto sarà nuvola di polvere e detriti, ammasso di rottame in cerca del miglior compratore.

Un colpo di gigantesche cesoie su lamiere cadenti metterà in scena i ricordi sul piazzale d’una vecchia Acciaieria, antichi operai piangeranno lacrime di cemento sui grandi cortili di via Cavallotti, da tempo scomparsi. La stazione di mio padre, treni che partono e ferrovieri al lavoro, e le acciaierie della mia infanzia, spolverino e finti tramonti, lasciano il posto al presente, che sopravvive con una fiamma d’altoforno spenta, simbolo di vita sfiorita d’un antico borgo operaio.