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Via Lerario 51

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi propone un racconto di Alessandro Fulcheris dedicato alla via della sua infanzia

Via Lerario (Foto di Riccardo Marchionni)

Oggi lascio spazio a un collega scrittore piombinese che ha raccolto il mio invito di raccontare la strada della sua infanzia. Prima di pubblicare questo racconto in un libro che prima o poi manderemo in stampa ve lo lascio leggere sul mio quotidiano on-line preferito. Alessandro Fulcheris nel 2012 ha pubblicato il suo primo libro “Il cappello a galla” (La Rocca), in seguito per la casa editrice Il Foglio Letterario ha partecipato con due racconti in “Raccontare Piombino” e “Piombino in giallo”. Nel 2019 ha pubblicato “Bar Nazionale memorie di un barista” e nel 2021 il romanzo “Il mistero del Falcone”. Buona lettura, Gordiano Lupi.

Via Lerario 51
di Alessandro Fulcheris

L’angolo fra via Lerario all’altezza del numero civico 51 con via Anita Garibaldi è per me un posto molto particolare. Una zona che conosco molto bene e che ogni volta che ci passo affiorano alla mente mille ricordi.
Il quartiere si chiamava Desco ed era la periferia della città, rivolta verso San Rocco e Montemazzano con i Quattro Pini e infatti poco più su iniziavano i campi e gli uliveti. Ci sono nato, fra quelle vie che si intersecano precise; ho passato tanto tempo nel fosso che, allora all’aperto fino a via 25 aprile, rappresentava una specie di parco giochi. Oddio, l’acqua che vi scorreva tanto pulita non era ma per noi bimbi era uno spasso. Come famiglia eravamo tutti lì, al terzo piano di quel palazzo sullo stesso pianerottolo con i portoni affiancati di noi e dei nonni materni. Gli altri nonni, quelli paterni nel palazzo di fronte fra via Lerario e via Curiel: ci vedevamo dal terrazzo con le loro finestre. Quanti incidenti a quell’incrocio! Non so adesso ma allora era molto frequente sentire il botto e correre alla finestra. Proprio di fronte stava, e sta ancora, la Macelleria Gambini e la moto di Diego sempre lì fuori parcheggiata luccicava al sole. Subito accanto il bar del Panattoni dove a volte capitava un giovane Riccardo Fogli (già personaggio di successo) con la mamma che mi spediva giù a chiedergli l’autografo. Più a destra il Gaiozzi, negozio di elettronica più tardi trasferito dove è oggi (Melchioni) accanto farmacia Tronci, e ancora accanto il negozio di alimentari del Martelloni con la frutta esposta fuori.
Le chiostre di quei palazzi le ho ancora tutte in memoria. Di fronte al Martelloni si trovava un negozio di arredamento (o di abbigliamento) che si chiamava Nunes e la ferramenta del Paladini, originariamente ubicata nell’ultimo fondo a sinistra di via Lerario vi si trasferì dopo la chiusura del Nunes. Di là da via Lerario faceva angolo con via Curiel il Bottegone, un altro minisupermercato. I miei nonni liguri lo chiamavano "Il Butegùn". Che strano quel dialetto! Il fazzoletto era "u mandillu", il dolce a tavola una specie di tiramisù era "u mascarpun", le lire erano i "franchi" e tante altre cose buffe. Un dialetto che ho sentito fino a non molto tempo fa ma che purtroppo ormai resta solo nei miei ricordi. Sotto al Butegùn, sempre in via Curiel stava una piccola officina di un radiatorista e più giù ancora il barbiere Leonio, che a volte vedo, scherzando lo sgrido che mi tagliava i capelli troppo corti e le mattine successive alle scuole elementari i compagni mi riempivano di pattonate e gli dico ora te li rendo tutti! E lo saluto ridendo. Ancora più in là, tornando in via Anita Garibaldi, si trovava un negozio di oggettistica con accanto il fotografo Bertolini; tutte le foto dei compleanni almeno fino a dieci anni portano la sua firma. Ancora più giù il negozio di elettrodomestici di Armando Falchi detto "Armandino": con quella famiglia ho una parentela da parte dei nonni materni, vecchi Piombinesi. 

Via Lerario (Foto di Riccardo Marchionni)

Tutto il mio centro era fra quei pochi metri e a quei tempi non ci muovevamo molto, che era pieno di negozi, non mancava nulla e la macchina poteva servire per "andare in giù", magari alla mutua o alla banca o al nostro botteghino del totocalcio di piazza Cappelletti, aperto nel 1946 da mio nonno materno Libero Geraldi. Posso citare la Pasticceria Biondi, il tabacchino giornali del Badaracco, la latteria del Vincitori poco più su in Via Primo Maggio, la chiesa della Santa Maria della Neve con Don Lorenzo che abitava nel palazzo di fronte al mio, il circolo Giovanni XXIII, nel sotterraneo della chiesa con la aule del catechismo e i biliardini e i tavoli da ping-pong ma non posso dimenticare la baracca in lamiera "Dal nonno" che si trovava proprio di fronte all’attuale Pasticceria Biondi, dalla parte opposta della strada, dove si andava a giocare. Che carambolate al biliardo del nonno! Era una persona anziana e simpatica e sulla baracca, fuori c’era scritto grande: "Viva il Nonno!".
Girando l’angolo della chiesa bisogna per forza citare il Bar Stella di Francesco Spagnoli che è ancora gestito dai figli con di fronte il norcino Guerrino (esagerate le sue salsicce) e accanto il piccolo fondo dei giornaletti (anche quelli un po’ spinti) del famosissimo "Polpetta" e poi il barbiere "Liviano". Il Bar Stella aveva una grande sala giochi e quando eravamo un po’ più grandicelli basta con le carambole dal nonno. I giochini elettronici del Bar Stella erano fantastici: allo "Space invaders" ci passavamo le giornate. Dietro al Bar Stella altro che Perticale: iniziava il grande uliveto che finiva lassù in cima a Montemazzano e San Rocco. Il campino degli Ulivi dietro al Bar Stella, grandi scontri calcistici fra le formazioni così alla buona: Via Machiavelli contro Montemazzano era lo scontro più diffuso e poi, nel dicembre, il Luna Park.
Percorrendo in giù la via Lerario si trovava, scendendo in una specie di grande scantinato, la "Proletaria" come la chiamavano i nonni, che credo fosse una sede distaccata della Coop. Più sotto, una fruttivendola e poi l'Acquarium di Piombino, da Furio Mazzinghi anche quello per me un antro pieno di magia che mi rapì con la passione dell’acquario tropicale. Furio c'è ancora ma più in basso, in angolo con via XXV Aprile. Accanto all’attuale Acquarium aprì un bel negozio di pesca subacquea chiamato "2 G Sub" di Egisto Grandi e il socio Gallo, fratello maggiore di Stefano, mio grande indimenticato amico.
Mi rimane la zona di via De Sanctis con (più tardi) Radio Piombino Centrale lassù in cima, a metà il giornalaio che c’è anche adesso, il Bar da Norina e la farmacia di fronte e l’altro campino di calcio anche lì partite interminabili ma siamo già, per quello che mi riguarda nei miei ricordi di ragazzo, oltre confine.
Concludo con un episodio riguardante il primo Luna Park che ho conosciuto da bimbo, che si trovava sempre in via XXV Aprile, in quella piazza fra il negozio di scarpe del Donati (chiuso da poco) e il tabacchino del Badaracco. Bellissime le montagne russe, mai più riviste a Piombino, fantastica la pista in legno dei go-kart che saliva di un piano con le curve paraboliche e tutto il resto dei divertimenti. Ma la cosa che più mi piaceva era il gioco del sottomarino: si mettevano 100 lire e c’era un periscopio dal quale far partire i siluri e in fondo passavano le navi e ho ancora negli orecchi il botto che faceva la nave colpita e la luce verde del siluro che correva sotto il mare blu spumeggiante di cartapesta, veramente bellissimo, forse anche perché è passato tanto tempo. Una volta pregai il nonno di farmi giocare tre volte e lui, Aldo, buonissimo acconsentì. Tornando a casa in Via Curiel però, alla nonna Bianca affacciata al terrazzo del primo piano, si rivolse a lei, imbufalito, nel suo dialetto savonese: "U gà speisu tresientu franchi!" Tradotto "Mi ha fatto spendere 300 lire!" e giù sacramenti! Povero nonno, ci rido ancora adesso.
In via Lerario 51, in quel palazzo con il corrimano delle scale di plastica verde, all'angolo con Via Anita Garibaldi, all'interno del giardino, sotto quella pianta la mamma seppellì il mio cordone ombelicale, la sera di quel 17 ottobre 1963.