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Zucchinali, lo sgusciante topolino nerazzurro

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Enrico Zucchinali, lo sgusciante topolino nerazzurro" di Gordiano Lupi

Enrico Zucchinali non è piombinese, ma bergamasco, nasce a Levate il 30 luglio del 1924, ma è un calciatore che dal 1949 al 1952 contribuisce alla gloria della squadra nerazzurra, portandola a suon di reti in serie B e confermandola nella seconda categoria nazionale, affermandosi come miglior marcatore nerazzurro in assoluto, dopo Emilio Panicucci e Alfredo Pierozzi (che hanno giocato più stagioni nel Piombino). Rapido, veloce, scattante, queste le caratteristiche di un brevilineo nato centravanti ma che può fare anche la mezzala ed è perfetto per le azioni in contropiede, quelle che oggi chiamano (nome orribile) ripartenze. Raffigurazione perfetta del topolino nerazzurro, recitano le romantiche cronache del tempo, perché piccolo e furbo, agile e opportunista. Bergamasco di nascita, la sua prima squadra è il Dalmine, poi giovanili dell’Atalanta, quindi a farsi le ossa nel profondo Sud, tra Monopoli (serie C, un solo gol) e Nocerina (segna sei reti). A Piombino arriva nella stagione 1949/50, gioca 36 partite in serie C e segna 17 gol, con la squadra labronica che arriva seconda dietro una forte Anconetana e perde d’un soffio l’autobus per la B. Zucchinali fa di meglio l’anno successivo, 32 partite e 24 gol, con il campionato vinto dal Piombino e la serie B finalmente conquistata. I ragazzi di Fioravanti Baldi il sistemista, l’uomo dei giri di campo come panacea per ogni male, si meritano un premio promozione ambito che consiste in una Vespa Piaggio per ogni calciatore. Pietro Cattaneo è l’altro bergamasco di questa squadra dei miracoli, gioca solo due partite, ma resta a Piombino tutta la vita, dopo aver trovato lavoro ed essersi sposato, anche se gioca - come dilettante - solo altre tre stagioni tra Cecina, Massa Marittima e Venturina. Il grande Piombino di Fioravanti Baldi, trainer empirico e improvvisatore, capace di scendere in campo con i suoi uomini durante le sedute di allenamento per far capire il sistema da adottare, viene paragonato dalla stampa a un piccolo Torino, proprio nei giorni in cui si avvicina la tragedia di Superga. Zucchinali resta a Piombino in serie B, nel 1951/52 - l’anno della vittoria sulla Roma - gioca solo 17 partite e segna 8 reti, ma in un incontro che fa parte della nostra storia è il sorridente capitano che stringe la mano al romanista Treré, in posa per la foto di rito. Sono sei i gol segnati dal rapido attaccante nelle prime cinque partite, poi l’incanto si spezza per colpa d’un brutto infortunio, problemi al ginocchio e un’operazione chirurgica che mette un freno alla voglia di giocare per esprimere tutto il suo valore. Stagione magica per la società di viale Regina Margherita che si piazza sesta e per qualche domenica fa sognare i tifosi di una possibile lotta per la massima serie nazionale. La permanenza di Zucchinali a Piombino dura lo spazio di tre fantastiche stagioni scandite dalla bellezza di 49 reti; l’anno successivo il centravanti passa al Brescia, sempre in B, gioca 15 gare e segna un gol, quindi Piacenza in C (15 gare e due reti), impiegato come mezzala alternandosi con l’amico Enzo Cozzolini con cui ha giocato nel Piombino. Non è più lo stesso Zucchinali, lo scatto fulmineo non è quello dei bei tempi andati, termina la carriera in Quarta Serie, protagonista al centro dell’attacco di alcune squadre vicine alla sua Bergamo: Beretta Gardone Val Trompia, Marzoli Palazzolo, Falck Vobarno, per chiudere a Lodi, nel Fanfulla. Tante reti anche tra i semiprofessionisti, una media di 15 a stagione, mica male per uno che il fiuto del gol non l’ha mai perduto e che se non fosse stato per un ginocchio ballerino avrebbe potuto fare ancor più grande il suo Piombino. Gianfranco Benedettini lo descrive con parole nitide ed efficaci: “Capitan Zucchinali meglio di tutti impersonificava lo spirito del Piombino disegnato con il topolino in fuga. Dotato di classe pura e naturale portava lo scompiglio nelle difese con le sue scorribande. Ben presto fu soggetto ai più spietati marcamenti e le sue gambe ne risentirono immediatamente. Buona parte del calo registrato dalla squadra nella seconda metà del campionato fu dovuto all’assenza per infortunio del capitano” (Cinquant’anni in nerazzurro - Il Tirreno, 1971).

Enrico Zucchinali resta nei cuori dei tifosi nerazzurri come il simbolo delle due stagioni più belle della storia di una squadra proletaria che radunava sulle gradinate basse e strette del Magona un folto pubblico entusiasta. Anni irripetibili di gloria sportiva, durati poco, lo spazio del boom economico, d’una Piombino pane e fumo che sarebbe svanita in una lenta eutanasia fatta di crisi. La dirigenza Magona trattava il Piombino calcio come un ramo d’azienda, Presidente era un appassionato e competente ingegner Lovetti, venivano riconosciuti stipendi favolosi (per i tempi) ai calciatori, che si allenavano da professionisti, mangiavano tutti insieme, andavano in ritiro e la domenica divertivano i tifosi, spesso vincendo. Abbiamo fatto ricerche ma non abbiamo trovato la data di morte di Enrico Zucchinali, meglio così, gli eroi son tutti giovani e belli, soprattutto vivono in eterno nel cuore di chi li ha amati.