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Attualità domenica 02 giugno 2019 ore 08:07

Il campo marrone

Foto di Riccardo Marchionni

Su #tuttoPIOMBINO "Il campo marrone" di Gordiano Lupi



PIOMBINO — C’è un campo di calcio nel nostro cuore che non esiste più, abbattuto dalle ruspe dell’amministrazione comunale per soddisfare la sete di parcheggi nel centro storico. Si chiamava Magona Sussidiario, ma tutti lo conoscevano come Campino Marrone, e non c’è ragazzo della mia generazione che non abbia calcato il suo fondo sconnesso, tornando a casa pieno di terra e fango, dopo aver sognato per un pomeriggio di diventare un grande calciatore.

Negli anni Settanta il Campino Marrone era il terreno di gioco riservato agli allenamenti per chi militava nelle giovanili di Piombino e Salivoli, ma anche il campo dove venivano disputate le gare ufficiali delle categorie pulcini ed esordienti. Un tempo ci giocavano persino allievi e juniores, ma poi lo vietarono, ché il muro di cinta troppo vicino, le misure ridotte, il pubblico non separato dai calciatori, non garantivano sufficiente sicurezza. Noi ragazzi del liceo ci facevamo persino lezione di educazione fisica, il nostro professore - un patito del calcio - ci portava sempre a giocare al Campino Marrone, dove mi esibivo con esiti infelici come portiere, a volte come terzino destro e in rari casi al centro dell’attacco. Gli spogliatoi erano delle baracche in lamiera, umide, oscure e maleodoranti, che ospitavano persino il bar dello stadio, quello che la domenica vendeva semi, noccioline, pistacchi, lupini, patatine, gommoni, liquirizie e arachidi caramellate (non ho mai capito perché le chiamassero addormentasuocere), prima che semplificassero tutto con il pop-corn conquistatore.

Era brutto il Campino Marrone, brutto e pericoloso, quando pioveva diventava una palude di fango, impraticabile, dove farsi male era quasi una certezza, le reti erano piene di buchi, i pali di legno tarlato, la recinzione troppo vicina al terreno di gioco. Nonostante tutto quando ho visto le ruspe demolire la struttura in mattoni e la cancellata di ferro ossidato che separava il campo da via Salgari ho provato una fitta al cuore. 

Un nuovo parcheggio in città, scrive la stampa locale. Un nuovo parcheggio nel centro cittadino, nella parte più popolata e frequentata, nuovi posti auto per dare respiro agli abitanti, che - crisi o non crisi - ormai dispongono di almeno tre auto per nucleo familiare. I parcheggi non basteranno mai, non sarà sufficiente uccidere i ricordi per saziare la fame di posti auto. Dovremo trucidare anche il presente, fare di Piombino una città parcheggio, che già lo sta diventando, in tutti i sensi. Cinquemila metri quadri di terra battuta da riconvertire a parcheggio per duecento posti auto, scrive un ragioniere o un ingegnere addetto ai lavori. Cinquemila metri quadri di ricordi irrecuperabili annota lo scrittore, consapevole della sua inutilità, ma pur sempre incapace di festeggiare la nascita di una nuova colata di cemento al posto di un campo sportivo.

Passare con la propria auto in un giorno di pioggia davanti alle ruspe inerti e ai mucchi di sabbia, tra pini marittimi, lecci e cipressi che circondano la zona, lo Stadio Magona poco distante, il rumore delle Acciaierie in lontananza. Uccidere i ricordi è il compito del presente, andare alla ricerca del tempo perduto è il sogno di chi scrive, mettendo da parte un’altra madeleine del suo passato, che non tornerà più, se non in foto sbiadite di vecchie partite di calcio, in sogni di bruschi risvegli dopo incubi atroci.

Addio Campino Marrone. Ci mancherai. 

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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