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Politica lunedì 18 settembre 2017 ore 15:24

"Afo? No grazie, serve un nuovo accordo"

Foto di archivio

Per Spirito Libero non dice no all'industria, ma riaccendere l'altoforno sarebbe un grosso passo indietro per la città e tarperebbe le ali al turismo



PIOMBINO — "Non ci siamo mai schierati con chi dava premi a Rebrab o lo ringraziava in francese, perché vedevamo in lui semplicemente un imprenditore che faceva i suoi interessi, non un salvatore della patria". Non ci gira intorno il coordinamento Spirito Libero sulla questione Aferpi, sulla presenza sempre più ingombrante di Rebrab e la possibile riaccenzione dell'altoforno nei piani di Jindal (leggi gli articoli correlati).

"Come Spirito Libero ponemmo anzi in dubbio la mancanza di esperienza in campo siderurgico della società algerina, - ha aggiunto il coordinamento - mentre Jsw in tale produzione ha il suo core business, con la possibilità di estendersi oltre le sole acciaierie e riunendo un polo produttivo con ArcelorMittal, col supporto logistico di un porto che si è sviluppato dotandosi di fondali adeguati ed una viabilità finalmente avviata verso un completamento auspicato da anni". 

"Noi chiaramente diciamo che siamo contrari a una riaccensione tout court dell’Altoforno, - hanno sottolineato da Spirito Libero - ritenendo invece possibile convincere Jindal a prendere i laminatoi e a puntare sui forni elettrici, perché ha interesse a produrre qui l’acciaio e superare così i dazi altrimenti previsti. Contemporaneamente, però, occorrerebbe avere nuovi ammortizzatori sociali e risorse per la formazione, ossia traghettando chi rimane fuori verso le nuove professioni con un nuovo Accordo di Programma". 

Per Spirito Libero l’idea della monocultura e del ritorno all’altoforno sarebbe un grosso passo indietro per la città e per il suo tessuto economico "perché non possiamo certo chiudere la porta in faccia ai posti di lavoro che verrebbero da altre aziende, di per sé incompatibili con la presenza dell’Afo", in primis il turismo. Spirito Libero non dice no all'industria, ma chiede un cambio del tipo di industria "per fare di Piombino un’area dove si puntasse non solo alla produzione di acciaio, ma anche al prodotto finito con tutto ciò che ci gira intorno (verticalizzazione, spedizioni, packaging, vendite, servizi al cliente etc.)".

In tutto questo non possono passare in secondo piano le bonifiche. "Ci preoccupa moltissimo constatare come portare allo stremo una comunità, serva purtroppo ad attuare le condizioni per far accettare di tutto purché qualcosa sia fatto, guardando al futuro immediato e non in prospettiva verso le giovani generazioni", ha concluso il coordinamento.


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