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RIGASSIFICATORE mercoledì 24 gennaio 2024 ore 20:38

Rigassificatore, Greenpeace e Wwf dopo la sentenza

"Condanna particolarmente grave e significativa. Ora seguirà un confronto con i legali e si valuteranno eventuali ulteriori azioni"



PIOMBINO — Greenpeace Italia e Wwf Italia hanno da sempre dichiarato la propria contrarietà alla realizzazione del rigassificatore nel porto di Piombino per ragioni legate agli impatti ambientali anche su aree marine di pregio, come il Santuario dei Cetacei, e a terra (che interessano il sito Padule Orti-Bottagone classificato come Zona Speciale di Conservazione e Zona di Protezione Speciale della Rete Natura 2000 dell’Unione Europea).

Le organizzazioni hanno fin dall’inizio denunciato "l’assoluta anomalia di un procedimento ambientale autorizzatorio, che si è concluso solo durante il processo davanti al Tar, mentre la messa in esercizio dell’impianto risale a Luglio dello scorso anno". 

"Una procedura incredibile, che sovverte uno dei principi fondamentali del Codice dell’Ambiente (e cioè la completezza del progetto all’atto della sottoposizione ad autorizzazione) e che, pertanto, costituisce un precedente gravissimo. - hanno commentato - Secondo Greenpeace Italia e Wwf Italia, rappresentate in giudizio dall’avvocato Andrea Filippini, il giudice amministrativo avrebbe dovuto certamente censurare la procedura senza precedenti. La ricerca di una soluzione all’emergenza energetica determinatasi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, su cui peraltro la nave rigassificatrice non ha inciso, non può giustificare lo stravolgimento delle procedure fissate dalla normativa di protezione ambientale italiana ed europea. Il Tar del Lazio ha, invece, ritenuto di non dover accogliere le motivazioni delle organizzazioni ambientaliste e quelle dell’Amministrazione comunale: ora seguirà un confronto con i legali e si valuteranno eventuali ulteriori azioni".

"Ulteriore aspetto sconcertante della sentenza del Tar Lazio riguarda poi la condanna alle spese: non solo quella, pesantissima, a carico del Comune di Piombino (90mila euro), ma anche quella di ben 15mila euro per i ricorrenti ad adiuvandum. Specie questa seconda condanna non ha, di nuovo, precedenti nella giurisprudenza amministrativa e suona quasi come un invito ai portatori di interessi generali e diffusi, di cui comunque la Costituzione riconosce il ruolo attraverso il principio di sussidiarietà, a non occuparsi della cosa pubblica. Soprattutto per casi dibattuti e complessi come questo, (a testimoniarlo oltre 200 pagine di sentenza) è giustificato l’intervento ad adiuvandum da parte delle associazioni di protezione dell’ambiente per cui la condanna alle spese in tale misura appare particolarmente grave e significativa", hanno concluso.


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