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Attualità domenica 24 febbraio 2019 ore 09:15

Pupi Avati a Populonia

IL celebre regista festeggia a Populonia cinquant’anni di cinema e ottant’anni ben portati. Ne parla Gordiano Lupi su #tuttoPIOMBINO



PIOMBINO — La presenza di Pupi Avati a Piombino e zone limitrofe è diventata una piacevole abitudine, grazie a Fabio Canessa, avatiano (è diventato un aggettivo) della prima ora e competente critico cinematografico.

Populonia d’inverno è bellissima, il castello medievale del piccolo borgo, illuminato dalla luce della luna e da fari maliziosi e intriganti, spinge lo sguardo verso lo splendore kantiano del cielo stellato sopra di noi. Organizza l’evento la Dispensa Desideri, nella sala conferenze del piccolo ma suggestivo museo etrusco, motivo la presentazione de Il signor Diavolo (Guanda), ultimo romanzo di Avati, un horror padano, un gotico rurale, che a giugno potremo vedere in sala sotto forma di film.

Avati è un affabulatore così scaltro che non si può limitare a presentare un libro, il suo intervento - stimolato da domande intelligenti e colte di Canessa - spazia dalle tradizioni contadine all’Italia degli anni Sessanta, toccando temi legati al cinema e alla sua funzione, parlando di religione e fede, di superstizioni e leggende. Il Maestro comincia la sua lezione di cinema con leggerezza, da grande narratore, sottolineando la nostalgia che prova per il cinema di un tempo e anche per la vita naturale della sua giovinezza. 

Racconta a un pubblico divertito e interessato come (quasi per caso) ha cominciato a fare cinema, dopo aver provato una grande delusione nel jazz, superato da un musicista irraggiungibile come Lucio Dalla. Un fantomatico Mister X, presentato da un nano (che diventerà un suo attore), finanzia i primi due film con una cifra enorme per l’epoca, che lui e la sua troupe dilapidano per girare Balsamus il nano di Satana, non un capolavoro, seguito da Thomas e gli indemoniati, altrettanto poco riuscito. Il successo arriverà soltanto dopo, con Tognazzi e l’horror padano, con La casa dalle finestre che ridono e Zeder, con le storie minimaliste che parlano di vita quotidiana, di pascoliani ricordi, di tempo perduto e di nostalgie adolescenziali. 

Avati festeggia a Populonia cinquant’anni di cinema e ottant’anni ben portati (compiuti a novembre), ricorda che il suo horror proviene dalle storie che gli raccontavano da piccolo, leggende terrificanti come quelle del prete donna e della ragazza dalla gamba d’oro, paure infantili alle quali è grato perché sono andate ad alimentare una fantasia che ha prodotto il suo cinema più amato. Canessa ricorda che in occasione dei cinquant’anni di cinema è uscito un libro enciclopedico come Tutto Avati (autori il sottoscritto e Michele Bergantin, Il Foglio Letterario Edizioni), che ripercorre la carriera del regista e che contiene per ogni film l’interpretazione autentica dell’autore. 

Avati prosegue, anche se l’ora è abbastanza tarda, parlando di peccato e demonio, cose che nessuno più rammenta, neppure i preti, aggiunge che confessa spesso la sua poca generosità e l’invidia, non riesce a fare a meno di una cosa che ama per darla a un altro, come non è capace di provare piacere per un altrui successo professionale. Resta appena il tempo per dire che Il signor diavolo si trova in libreria e che il regista ha presentato a Roma, in anteprima nazionale, la versione cinematografica. Invidio non poco Fabio Canessa che ha visto il film, tanto per restare in tema con il discorso di Avati, anche se è un’invidia bonaria. E poi come si fa a invidiare uno come Fabio? Se a Piombino non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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