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Attualità domenica 04 febbraio 2024 ore 08:31

Un motorino di nome Duccio

Foto di Giovanni Gualersi tratte da “Almanacco Nerazzurro”

Su #tuttoPIOMBINO di QUINews Valdicornia la storia di Duccio Mazzacherini (1 febbraio 1949 – 7 novembre 2013) firmata da Gordiano Lupi



PIOMBINO — Duccio io me lo ricordo correndo, che quando nei primi anni Settanta andavo a veder giocare il Piombino si doveva arrivare allo stadio almeno mezz’ora prima per trovare un posto a sedere. E allora tu lo vedevi correre, far giri di campo interminabili, diventare rosso in viso ancor prima di cominciare la partita. Duccio lo chiamavano motorino, perché dopo quel riscaldamento che avrebbe stancato una persona dai polmoni normali correva per tutta la gara dal primo al novantesimo e chiedeva d’esser sostituito soltanto se si faceva male. Infaticabile e generoso, parlava poco e correva tanto, mediano di copertura e di contenimento, quello che ai tempi si chiamava mediano di spinta, un calciatore modello, fisico brevilineo, resistenza massima. E poi giocava con le lenti a contatto, una cosa quasi unica per quei tempi eroici dove vedevi qualcuno giocare con gli occhiali legati con un elastico dietro la nuca. La passione per le moto era un’altra sua caratteristica, grande viaggiatore, sempre on the road, appassionato di strada, di quella strada che viveva intensamente, non avrebbe potuto lavorare in fabbrica per tutta la vita, preferiva viaggiare in Francia e in Romania, persino a Capo Nord, per lavoro (come guidatore di Tir) e per passione, solitario, tra paesaggi immensi e sconfinati.

Nato a Campiglia Marittima, il primo febbraio del 1949, oggi avrebbe compiuto 75 anni se una malattia non l’avesse portato via in maniera imprevedibile a 64 anni, il 7 novembre del 2013, dopo un anno di coma profondo. Duccio si era sentito male dopo uno dei suoi viaggi di lavoro con il camion, pare che avesse contratto una malattia virale (altri dicono che fosse meningite), ma non c’è niente di chiaro, i medici non sono riusciti a stabilirlo, nonostante un ricovero a Livorno, lui non si è più ripreso. Ha passato gli ultimi mesi alla Rsa di Cecina, dove è morto, senza riprendere conoscenza.

Duccio Mazzaccherini ha giocato sei campionati nel Piombino - per me i più belli, ché son quelli di fanciullezza e adolescenza - dal 1969 al 1977, sempre in Promozione, beniamino dei tifosi per la sua generosità, ma il debutto l’ha fatto col Venturina (nel 1968) e la carriera l’ha chiusa a San Vincenzo, in Prima Categoria, nel 1979. Duccio c’era anche in quel grande Piombino che nel 1976/77 vinse il campionato e fu promosso in serie D, dopo aver sfiorato la vittoria nella stagione precedente con una cavalcata incessante e inarrestabile, fermata solo da una sentenza bizzarra della Commissione Federale d’Appello. Era il Piombino del presidente Renzo Finucci e di Piero Barontini allenatore, ex calciatore del Pisa in serie A, mentre l’anno prima c’era stato Reami e ancor prima la partita spettacolo al Magona contro la Juventus, persa per 4 reti a 1, gol di Luciano Bianchi. Mazzaccherini ha avuto grandi compagni in quel periodo, gente come Chelotti, Medda, Bianchi, Viacava, Pallini, Vivoli, Ficagna, Ronchi, Ambrogio, Saviozzi, Cardinali, Biagini, Di Pietro, Rauggi, Pucci, Pellegrini, Faggiani… Non ci si fa a citarli tutti e mi dispiace. Una grande squadra composta di grandi uomini, caparbi e preparati, che la domenica facevano divertire tanti tifosi che accorrevano al campo per vedere partite entusiasmanti, derby con Cecina e Venturina, incontri contro Rosignano e Pontedera. Ponzio, Reami, Fiorindi, Barontini, Ieri e Ansaldi sono stati alcuni degli allenatori che l’hanno avuto in squadra, per campionati più o meno esaltanti, alcuni di anonimo centro classifica, altri per salvezze conquistate all’ultimo istante. Non mancava mai, poche ammonizioni, mai espulso, pochi infortuni, ha fatto interi campionati a colpi di trenta presenze, portando sulle spalle il motore d’una squadra, quel centrocampo che dominava come pochi. E quando ha smesso con il calcio attivo, dopo un bel campionato disputato con un San Vincenzo pieno di vecchie glorie nerazzurre (visto che il Piombino era salito in serie D), ha fatto l’allenatore dei giovani calciatori, proprio i più piccoli, quelli con cui si trovava meglio, dove non c’erano problemi di agonismo o di risultato, si doveva soltanto insegnare come si gioca a calcio. Correre e faticare, correttezza e disciplina, visione di gioco e passione, erano il suo credo.

Povero Duccio che non ci sei più, di tanto in tanto mi ritorni in mente, ti vedo sulla fascia laterale fare il riscaldamento più lungo della storia, oppure allenare da portiere mio fratello, ti rivedo anche con tuo padre alla stazione, era amico del mio, lavoravano insieme, forse adesso stansistemando binari e fan partire treni immaginari. Povero Duccio che te ne sei andato dopo tante corse a perdifiato sui campi di tutta la Toscana, un giorno il fiato t’è mancato e ci hai lasciati tutti un po’ più tristi e costernati.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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