Valdera, terra di confine
di Mario Mannucci - mercoledì 11 marzo 2015 ore 16:32
Son passati più o meno sei-sette secoli ma, a pensarci bene, la Valdera, almeno idealmente, resta terra di confine.
Nei primi secoli dopo il mille lo era invece concretamente e non di rado tragicamente perché la valle creata dal fiume-torrente Era - nome greco-estrusco di Giunone, moglie di Giove - che nasce alle pendici del volterrano monte Voltraio per andare a ingrossare l'Arno a Pontedera, segnava il confine fra Pisa, Lucca e infine Firenze. Tre potenze toscane per secoli in guerra fra loro finché Firenze ebbe la meglio, tanto da poter insediare in Valdera il suoi proconsoli della grande famiglia Riccardi, parenti dei Medici e loro successori nel grande palazzo fiorentino che ancora porta i due cognomi uniti.
Terra di confine, la Valdera, dove contrasti politici e religiosi, rivolgimenti, spietati assedi ( quello di Ponsacco vide anche lo sventramento dei soldati francesi di guarnigione per cercare le monete e l'oro che avevano inghiottito), battaglie e invasioni di campo battaglie furono così tanti che a raccontarli tutti ci vorrebbero giorni.Vi siete mai chiesti, cari lettori di queste noterelle storiche, perché le frazioni pontederesi della Rotta, Montecastello, Treggiaia, sono ancora nella diocesi di San Miniato mentre Pontedera è nell'arcidiocesi di Pisa? E perché il vescovo di San Miniato guida anche le chiese di Ponsacco Palaia, Capannoli e così via?
Molto semplice: già La Rotta e poi il resto dei castelli e borghi lungo il fiume era sotto la diocesi di Lucca, potere che partendo dalla religione diventava anche politico, da una cui costola nacque nel 1622 quella di San Miniato che ne ereditò l'intera zona a sud dell'Arno e lungo l'Era fino al confine con la diocesi di Volterra. Pontedera, allora Pons ad Heram, rappresentava infatti il confine fra i territori pisano e lucchese prima e fiorentino poi. Tanto che anche oggi la vera e propria 'pisanità' storico-culturale finisce quando si incontra l'Era sul cammino verso verso Firenze.
Ed ecco il comune di Terricciola (come quello di Santa Croce sull'Arno) scegliere uno stemma dove la croce pisana e il giglio fiorentino convivono e si toccano fino a compenetrarsi. Scelta, per così dire salomonica. Proprio a Terricciola, per la precisione a Soiana, morì combattendo contro Pisa (25 settembre 1496) il famoso Pier Capponi, gran condottiero fiorentino diventato famoso per aver risposto con la coraggiosa frase 'se voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo le nostre campane' a Carlo VIII, re di Francia, che minacciava Firenze. Frase a effetto, tanto che Carlo VIII scese a più miti consigli.
Questo famoso Pier, Piero, era nipote di quel Gino che aveva già conquistato Pisa nel 1406, merito per il quale Firenze aveva donato ai Capponi la valle di Varramista, diventata nel secolo scorso il regno dei Piaggio e degli Agnelli, mentre ora vi è istallata la duchessina Chiara Visconti di Modrone, figlia di secondo letto di Antonella Piaggio e cugina del compianto Giovanni Alberto Angelli, come dimostra l'insegna viscontea del 'biscione' all'inizio della valle.
Tornando al 1496, Pisa non ve voleva sapere di restar sotto Firenze e via via si ribellava con assalti a castelli lungo l'Era, compreso quello di Soiana. E proprio per riportarlo sotto le insegne del giglio, Pier perse per la vita, così dice la tradizione, vicino a un pozzo.
Inevitabilmente diventato il 'Pozzo di Pier Capponi'
Mario Mannucci