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martedì 19 marzo 2024

PAROLE IN VIAGGIO — il Blog di Tito Barbini

Tito Barbini

In primo piano per decenni, nella politica italiana, all’improvviso non ne senti parlare più. Chiedi e nessuno sa darti notizie. Poi scopri che ha fatto una cosa che molti vorrebbero fare, ma sognano soltanto: dare lo stop alla vita di sempre e partire. Tito Barbini, classe 1945, sindaco di Cortona a 24 anni, poi presidente della Provincia di Arezzo, infine per 15 anni assessore regionale prima all’Urbanistica e poi all’Agricoltura, amico personale di Francois Mitterand. Si mette dietro le spalle tutto questo e intraprende un viaggio lungo cento giorni, che lo porta dalla Patagonia all’Alaska. Cento giorni a piedi e in corriera, per bagaglio uno zaino. Da allora attraversa confini remoti e racconta i suoi viaggi e i suoi incontri nei libri. E’ ormai, a tempo pieno, scrittore di viaggi. Più di dieci libri, non solo geografia fisica, paesaggi e luoghi, ma geografia della mente. In Patagonia o nel Tibet, un mondo altro, fatto di dolori, speranze, delusioni. Nel 2016 è uscito il libro "Quell’idea che ci era sembrata così bella - Da Berlinguer a Renzi, il lungo viaggio"

Letterina di Natale

di Tito Barbini - martedì 22 dicembre 2020 ore 09:00

In questa mia nuova vita di scrittore viaggiatore alle volte mi capitano cose davvero singolari. Per dire, quando arrivo in una nuova città, in una qualsivoglia parte del mondo, il mio primo sguardo cade sulle cose meno evidenti e magari meno significative agli occhi del turista: la pulizia delle strade, il funzionamento dell’acquedotto e dei trasporti, l’illuminazione e le aiuole del verde pubblico, i servizi agli anziani e all’infanzia e cosi via. Credo proprio che si tratti di una sorta di riflesso condizionato, che scatta anche a dispetto di quello che magari vorrei o dovrei vedere veramente. 

Starei per dire che tutto dipende dalla mia “infanzia” politica e amministrativa.Avevo ventitre anni quando fui eletto sindaco nella mia città, Cortona: nessuna esperienza e tanta paura di non farcela. E tutto per me inizia da quel giorno. Per me la città era come un albero di Natale per un bambino: mancava sempre qualcosa da appendere ai rami spogli.Fatta questa premessa voglio però mettermi nei panni di un turista che sceglie - speriamo sempre più – di visitare Cortona , per ammirare il suo centro storico, godersi il meraviglioso museo e magari, se gli capita la giornata giusta, fare un salto nella parte alta della città e anche alle Celle dei cappuccini. 

E allora voglio soffermarmi proprio su questo: che cosa offre il nostro centro storico a questi nostri visitatori del dopo Covid ? Quali eventi ci sono per il turista e quindi, bene o male, anche per chi vive in questa città? La qual cosa vuol dire far seguire a ruota anche altre domande, per niente semplici, soprattutto se poi ci attendiamo risposte che non galleggiano nell’astratto, ma che devono suggerire soluzioni concrete. Insomma: quali sono le necessità per far riprendere un mercato turistico, di qualità, dopo la pandemia? Un mercato turistico non mordi e fuggi ma sempre più selettivo e difficile? Come integrare lo sviluppo di una città riqualificandola nelle strutture ricettive, congressuali, di arredo urbano? E in che modo promuoverla portando dei benefici ai commercianti e agli artigiani? Ma soprattutto come riaffermare la centralità di Cortona negli eventi artistici nazionali e internazionali. 

In questa prospettiva sono importanti i singoli negozi, la qualità della merce, la professionalità degli addetti alla vendita, gli orari di vendita, i mercati, i bar, i ristoranti, i bagni - pubblici e non - e non dimentichiamoci, anche una capacità di proporre prezzi competitivi e accettabili. Ma importanti sono i servizi in genere, dalla pulizia delle strade alla raccolta dei rifiuti. Importanti sono l’accessibilità al centro storico, il trasporto pubblico, i collegamenti con le stazioni di mobilità collettiva, i grandi parcheggi. E importanti, insisto, ancora, sono gli eventi culturali, le mostre evento, le proposte e le offerte connesse al nostro patrimonio museale e storico-architettonico. E allora mi vengono in mente altre domande, elementari, spontanee.Vorrei chiedere per esempio al sindaco se, secondo lui, non assistiamo a un depauperamento di iniziative ed eventi, in favore di altri centri della Valdichiana. Non sembra al sindaco che Castiglion Fiorentino, Lucignano, Montepulciano, la parte storica delle città e dei borghi della vallata, stanno ponendo una maggiore attenzione all’insediamento di eventi artistici importanti? Vorrei chiedere al sindaco se non pensa che in quell’universo, certo macchinoso, del bilancio comunale potrà esserci qualche elemento di attenzione in più per la cultura, almeno per non far transitare i grandi eventi e le fondazioni culturali in altre realtà. Non in un futuro più o meno lontano, ma da domani. 

Sono domande retoriche che hanno in se la loro risposta, della cui banalità ossia concretezza mi scuso. Piccole cose, ma molto importanti per la qualità del vivere in città, per la sua tenuta economica e , si consenta a chi scrive , per rispetto verso tutti quegli amministratori, un po’ visionari, che nel passato hanno dato a Cortona il giusto passo per il suo sviluppo.Forse su questo dovete fare una riflessione e un salto di qualità: non ho nessuna autorità per dirlo ma lo dico lo stesso.Intendiamoci, il funzionamento di una città è in realtà qualcosa di molto complesso: non lo scopro certo io e so che è facile distribuire lezioncine e rampogne quando non hai una diretta responsabilità sulle azioni da intraprendere. Però sono convinto che la capacità di rispondere ai bisogni culturali sia direttamente proporzionale alla passione, all’impegno e direi perfino alla fantasia dei suoi amministratori.

L’età – la mia età – ha diversi inconvenienti, ma anche un vantaggio, quello di vedere in anticipo gli errori che ciascuno ripete nel rincorrersi delle generazioni di amministratori, secondo una legge che si direbbe naturale. Ho visto molti amministratori capaci inciampare nei piccoli grandi ostacoli della qualità del vivere urbano e la concretezza arrendersi all’astrattezza di grandi progetti che, quando rimangono tali, imprigionano la mente nell’immobilismo. Ed è un vero peccato.

Tito Barbini

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