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Attualità giovedì 08 agosto 2024 ore 14:30

Sanità pubblica, una storia di ordinaria follia

Riceviamo e pubblichiamo il racconto delle peripezie affrontate da una cittadina elbana per avere il referto di un importante esame medico



PORTOFERRAIO — A proposito di diritto alla salute e di diritto alla continuità territoriale ma anche di una burocrazia poco digitale, abbiamo ricevuto una lettera firmata di una cittadina elbana che racconta la sua disavventura avvenuta nella giornata di ieri.

Qui di seguito pubblichiamo il testo completo della lettera.

"Nel mese di giugno ho subito un piccolo intervento chirurgico all'ospedale di Piombino e ho atteso il mese canonico per ricevere i risultati dell’esame istologico. Lunedì 5 agosto, dopo l'ennesima telefonata in reparto, mi dicono che l'esame è pronto e che posso andare a ritirarlo personalmente all’ospedale di Piombino oggi, mercoledì 7 agosto, dalle 8:30 alle 13:00. 

Chiedo se è possibile ricevere il referto via mail, PEC, sul fascicolo sanitario elettronico, tramite SPID, insomma, con uno qualsiasi degli strumenti internet di uso comune che mi eviti il viaggio a Piombino.

Niente da fare: “Ci vuole un medico che legga il referto”. “Bene”, dico io, “inviatelo al mio medico curante”. “No, ci vuole un chirurgo”. “Perché non ci sono chirurghi a Portoferraio?”, domando ingenuamente. Niente da fare. 

Mi rassegno e questa mattina prendo la Moby delle 8:20 da Portoferraio. Prima sorpresa: non funziona l’aria condizionata e il caldo è insopportabile. Faccio il viaggio sul ponte, lato in ombra, rigorosamente in piedi perché non esistono posti a sedere. Incredibilmente arriviamo in porto alle 9:30, dopo appena un'ora e dieci di traversata. Sembra un miracolo. E invece no. Una voce avvisa i gentili passeggeri che “per cause legate al traffico portuale l’attracco verrà ritardato di qualche minuto”.

Infatti ci fermiamo all'ingresso del porto in attesa che partano Marmorica e Moby Ale. Scendo a terra esattamente alle 9:50, dopo l'immancabile ora e mezzo di viaggio in nave. 

Vado a Villamarina, terzo piano, mi siedo davanti agli ambulatori in attesa che esca qualcuno. Alle 10:30 un'infermiera mi informa che il referto è in chirurgia e che la dottoressa deve andare a prenderlo (immagino fisicamente). 

Aspetto in silenzio mentre vengono effettuati tutti gli appuntamenti programmati (pochi, per fortuna).Ore 11:25 la dottoressa mi comunica che il referto non è stato ancora vidimato dal primario, che al momento non c’è, e che quindi non può essere consegnato. 

Alle mie pacate osservazioni sulla follia della procedura da seguire replica una zelante infermiera mostrandomi un foglio sul quale è scritto che prima di recarmi in ospedale avrei dovuto telefonare solo nei giorni dispari (lunedì, mercoledì e venerdì) dalle 13:00 alle 14:00.

Faccio notare che così ho fatto e che mi è stato detto di presentarmi oggi dalle 8:30 fino alle 13:00. Se ne va, non dopo aver sottolineato con convinto fervore che: “Noi i referti non li inviamo in alcun modo!”, come se l'arretratezza del sistema fosse un punto d'onore, e prosegue dicendo: “Il primario prima o poi arriva”.

Poco prima di mezzogiorno mi viene consegnato il referto e le notizie non sono buone. La dottoressa mi fornisce l’impegnativa per fissare una visita urgente (entro 10 giorni). Vado subito al CUP di Villamarina, prendo il biglietto e aspetto il mio turno. Niente da fare. 

L’operatrice mi consiglia di recarmi al CUP di Portoferraio perché all’ospedale di Piombino “vedono” solo le visite disponibili in continente. “Posso prenotare on-line?”, chiedo. “No, per le visite urgenti, solo allo sportello”. 

Torno al Porto ed esibisco un biglietto fatto a luglio che non avevo ancora usato, ma l’addetto agli imbarchi mi dice che ormai è scaduto. “Mi avevano assicurato che come residente avrei potuto usarlo fino a dicembre”, dico. “No, vede, questo biglietto è su un foglio di carta e non su un cartoncino. Quindi non può essere usato dopo la data indicata sul biglietto”.

In pratica, il tempo di validità del biglietto dipende dal tipo di carta sul quale viene stampato. Lascio perdere e vado a fare un altro biglietto. 

Arrivato a Portoferraio mi reco subito al CUP per prenotare la visita, ma l’addetta mi dice che entro dieci giorni non c’è posto e che mi deve inserire in lista d’attesa. Puntualizza che verrò chiamato (non sa quando) e che dovrò rispondere sempre al telefono, a qualsiasi numero, perché se non rispondo l'appuntamento (che al momento non ho) verrà automaticamente cancellato.

Bene. Non solo si preannunciano lunghe e tristi conversazioni con i sottopagati operatori dei call center, ma si avvicina a grandi passi la necessità di rivolgersi alla sanità privata. Sai che novità. 

Dopo giornate come questa, la preoccupazione, la frustrazione, il senso di impotenza, l’indignazione raggiungono livelli di non ritorno. 

Poi capisco ed un pensiero consolatorio si fa finalmente strada: basterà attendere che il Comune di Portoferraio istituisca nuovamente le commissioni consiliari, almeno sui temi della sanità e dei trasporti, e tutti i problemi degli elbani saranno finalmente risolti. La democrazia raggiungerà il suo apice partecipativo e ogni cittadino vedrà garantiti tutti i diritti fondamentali. 

Mentre mi incammino mestamente verso casa, mi torna in mente, come un irrefrenabile rigurgito, la frase di un importante leader di partito locale: “Toglietevi il cappello e abbiate rispetto!”".

Lettera firmata


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