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Attualità domenica 12 dicembre 2021 ore 08:36

​Il castello di Pasquale Mannucci

Il castello di Piombino (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi racconta una fiaba raccontatagli dal nonno Antonio Bindani nei primi anni Sessanta



PIOMBINO — Si avvicina il Natale e voglio regalare ai lettori qualche fiaba originale da leggere ai bambini, fiabe piombinesi che raccontava (e inventava) mio nonno Antonio Bindani, nei primi anni Sessanta. Il castello di Pasquale Mannucci è ambientata in via del Popolo, ai tempi in cui il Castello era un rudere cadente, non lo splendido maniero restaurato che oggi ospita il museo della città. Fatta questa debita premessa, vi lascio alla lettura.

“Lo vedi quel castello in rovina?” Disse il nonno al nipote alzando lo sguardo dal lungomare di Via del Popolo verso i poveri resti delle mura trecentesche della Piombino Vecchia.

Il bambino annuì, tenendo stretta la mano del nonno e pensando alla novella che presto sarebbe uscita da quelle labbra mai stanche di nuovi racconti.

“Un tempo era una prigione e le sue segrete molti anni or sono divennero l’ultima residenza di tre personaggi veramente singolari”.

Il nonno si accomodò tranquillo su una delle panchine del giardino e continuò il suo racconto.

“C’era una volta un uomo che si chiamava Pasquale Mannucci, che veniva da un paese lontano della montagna amiatina. Egli asseriva d’essere stato l’inventore di quei dolci così buoni, ricchi di canditi e mandorle, che la tradizione popolare aveva battezzato 'cavallucci'. Era un uomo egoista ed esageratamente goloso, mai sazio di quelle cose prelibate che allietavano il Natale dei bambini piombinesi, tanto che si pentì ben presto di aver fatto partecipe così tanta gente della sua ricetta prelibata. Fu così che organizzò una banda di singolari malfattori in costume che trafugava in ogni punto della città quelle buonissime cose fatte di zucchero e farina non lievitata. A capo del gruppo c’erano due simpatici personaggi, burloni quanto basta, che si aggiravano in maschera per le vie di Piombino. Si trattava di Arlecchino e Brighella, entrambi originari di altri lidi, ma che si erano trasferiti nella nostra zona per compiere questo singolare crimine ai danni dei bambini. Un bel giorno i gendarmi del signore di Piombino li colsero con le mani nel sacco, proprio mentre Brighella riempiva la sporta di Arlecchino con la provvista di cavallucci del forno comunale. Confessarono subito ed immediatamente venne fuori tutta la verità, che già il popolo da tempo mormorava. Pasquale Mannucci aveva ordito la trama al solo fine di mangiarsi tutti i cavallucci! Fu così che il diabolico individuo venne tradotto al castello assieme ai suoi fidi briganti e terminò la sua vita ad espiare le colpe passate, per la gioia dei bimbi di Piombino, che da quel giorno furono liberi nuovamente di assaggiare i dolci preferiti”.

Il nonno respirò profondamente e si rivolse nuovamente al bambino: “Ascolta la voce del vento di libeccio ragazzo mio, quando canta nella sera, perché è la voce di Pasquale Mannucci privato dei suoi dolci preferiti che si lascia andare a tristi lamenti conditi di antico rimpianto. Quando il mare percuote le scogliere nelle notti di tempesta puoi udire le sue grida irripetibili che si confondono agli schizzi del salmastro e se ti avventuri al largo della punta di Piazza Bovio e guardi il castello imponente ridotto ad un ammasso di rovine decadenti vedi ancora il suo fantasma che aleggia sui ricordi lontani. Chi sei tu? dice di continuo il carceriere. Sono Pasquale Mannucci e mi mangiai tutti i cavallucci!, è la risposta flebile che accompagna la voce del vento e va a confondersi con i rumori di catene spettrali e con le sinistre sensazioni di dolore che giungono dal mare”.

Il nonno era giunto al termine della fiaba.

“Ragazzo mio per questo vedi quel castello così in decadenza sulla scogliera di fulgidi sogni passati. Sono Arlecchino e Brighella ed il loro padrone Pasquale Mannucci, che impediscono a tutti di avvicinarsi e di provare a ricomporre qualcosa da quelle antiche pietre. I loro sinistri lamenti spaventano a morte chi si avvicina e cerca di ripercorrere vecchi passi. Adesso il Natale è vicino e le loro anime in pena soffrono ancora di più l’assenza dei dolci preferiti che imbandiscono da sempre le tavole di tutti i bambini piombinesi”.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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