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Attualità domenica 27 marzo 2022 ore 08:29

Passeggiare in corso Italia, lato depressione

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia la passeggiata tra i ricordi di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Passeggiare in corso Italia, lato depressione, come mi piace chiamarla in modo affettuoso, la parte dello struscio cittadino meno frequentata, quella che comincia in piazza Gramsci e finisce con il muro delle Acciaierie. Vedere con l’occhio del ragazzo d’un tempo i luoghi ormai cambiati, far l’inventario di quel che s’è modificato, lasciando il posto al nuovo, in certi casi al peggio, persino al niente. Non rimpiango il perfido Ideal Bar, covo di fascisti, se non per un perduto stile liberty, sotto la terrazza del Moderno, ma non trovo neppure il vecchio Emporio che vendeva l’impossibile, prima di diventar Piccolo Mondo con giocattoli di marca e passeggini alla moda per bambini. Per non parlare dell’Excelsior, prima bar di lusso con Carabina ai tavoli e Dante Mazzei in direzione, poi sala giochi con il vecchio Gano che scambiava spiccioli per sogni in videogame. Oreficeria Lucarelli perduta, la bottega di Pio, fratello d’un partigiano ucciso dai fascisti in un agguato; negozio del Pieracci a far angolo in corso, ormai svanito, tra cappelli e abiti eleganti. Scomparso Renzo il barbiere, dove parlavi di sport per giornate intere, non si tagliavano soltanto capelli, ci venivano i giocatori del Piombino a raccontare l’ultima partita. Non c’è più il Pachi che vendeva dischi e strumenti musicali, negozio che dispensava sogni e musica di cantautori, rock americano, strumenti e canzonette di Sanremo. Il Monte dei Paschi di Siena, un gigantesco ammasso di cemento e ferro, moderno e anonimo, da tempo ha preso il posto d’un’antica palazzina stile Novecento, sempre banca resta, adempie al compito, ma con altro cuore. Non c’è più il fotografo Civilini (poi Lepri) accanto al Carnevali, negozio che continua a esporre abiti sportivi, capi per signore, firme alla moda; di fronte alla vetrina, invece, vediamo quel che resta del Cinema Sempione, solo l’insegna e l’aspetto liberty, neppure i profumi han resistito, ora Upim ci vende capi per ragazzi. Non ci son più entrato, troppa tristezza, non ricordo l’ultimo film che ci ho visto, forse è rimasto in un cassetto dimenticato d’una memoria ormai sbiadita. Accanto al Sempione c’era un negozietto di cappelli e coltelli che s’è allargato sull’altro lato della strada; non solo, pure La Massetana, che vendeva asciugamani e bottoni, lenzuola decorate e federe, è sparita; di lei ricordo poche cose, solo che era la zia d’un caro amico.

Corso Italia lato depressione, angolo via Fucini, andando in piazza Dante, tra la Cassa di Risparmio di Livorno - non è più il suo nome - e la grande edicola del Muti, che ha avuto altri gestori nel passato, ormai agenzia di viaggi. Desidera Rossi e le grandi marche, Facis e Marzotto, la libreria Mondadori ormai svanita, per qualche tempo anche fumetteria.

Non divaghiamo, continuiamo per la nostra meta, che ci porta davanti al Pellegrini, gelateria che produceva creme sopraffine, vaniglia fatta in casa, cioccolata dal gusto irripetibile, coni buonissimi a cento lire l’uno. Adesso l’insegna porta un nome inglese che non voglio neppure riferire, non comprendo come sia possibile modificare i ricordi senza avere rispetto per la storia. Ecco, di buono c’è che dentro han conservato la nicchia del passato, dove c’era il banco del gelato, come un immemore ricordo malandato, pure se il biliardo in sala grande l’han venduto. Passeggiando verso l’altoforno, spento in maniera irrevocabile, viene in mente il negozio di scarpe del Chiarei, fratello d’un altro negoziante in corso Italia, lato frequentato, un poco più elegante, più costoso. Scomparso pure lui, in cambio di niente, di vetrine che vendon cose inutili e strane; come non trovi Boggero e l’Olivetti, adesso che le macchine da scrivere sono oggetti di puro antiquariato. In compenso ci sono kebabbari e negozi arabi, cianfrusaglie cinesi, macelli musulmani. Stefano ha chiuso la bottega dove vendeva carni maremmane; resta Il Pomodoro, con forno a legna e gusti del passato, una torta di ceci buona come poche e quella pizza che con il suo profumo ricorda il sabato sera dopo la partita. E la latteria dove andavi da bambino? Forse perduta nel gorgo d’una storia che non contempla più la vendita del latte appena munto, la buona panna che tanto ti piaceva, tirandola su dal recipiente, in cucina, col mestolo di legno. Ricordo la Necchi, dove mia madre ha fatto la sartina, vendevano stoffe e bottoni in una piccola bottega, non solo macchine da cucire. E il Centro Soci Coop com’è cambiato, dai tempi in cui c’era lo spaccio alimentare dove compravi la colazione per la scuola, diverso pure dai giorni della sala giochi, centro culturale e biblioteca, biliardino e palestra. Tutto finito, come non vende più fumetti la Rinascita, edicola a un dipresso dalla mia via Gaeta, dove compravo Il Tirreno per mio padre e (di nascosto) L’Uomo Ragno, persino i libri di Salgari e Rodari. Per non parlare del Bar Nedo, transfuga da un angolo all’altro della strada, sede di tifosi interisti e d’una squadra di dopolavoristi che vinceva tutti i tornei estivi in notturna nel mitico Magona.

Il Ciottolo è un altro ricordo del passato, vendeva giocattoli e cose per la casa, ora oggetti cinesi e cibo d’altri lidi, per un popolo ormai troppo cambiato, non più operai delle acciaierie, qualche immigrato che campa di lavori mal pagati. Resiste l’appalto del Tommei, dove mio padre mi mandava a comprar lesigarette, non è cambiato molto da quei tempi, a parte il gestore, certo più non troverai le classifiche di tutti i campionati aggiornate col gesso da lavagna. Sonia ha chiuso la vetrina dei sogni di tutte le ragazze che compravano costumi da mare colorati, reggiseni alla moda, biancheria di pizzo, tutte cose viste in televisione. La farmacia di Scaramucci, che fu del Bartoli, s’è trasferita in via Antonio da Piombino, prima angolo via Torino, dove ritrovi solite cose di odierna depressione; quanto ci manca il Garage Italia con gli autisti in guanti neri da pilota, in cambio resta un enorme negozio di articoli cinesi. Murro e i materassi, resta la vetrina, pochi brandelli di vecchia poesia che frequentano sognimalandati. L’acqua cotta di mamma Agroppi ha chiuso i battenti molti anni fa, quando bambino andavo incontro ad Aldo e gli chiedevo una foto autografata, proprio quella con la maglia della Nazionale. In quel tratto di strada c’erano un vinaio, due botteghe alimentari, un macello ovino, carne che non mangia più nessuno. Infine il Bar Imperia, da tempo scomparso, confine terminale del mio corso, dove ho passato infanzia e adolescenza, tra spolverino e lotte di operai, davanti al muro delle acciaierie che separava antiche ciminiere dalla città, scandiva la vita al suon delle sirene, tre volte al giorno, ricordando i turni di lavoro. Pure questo è rimpianto.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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