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Attualità domenica 13 febbraio 2022 ore 07:37

Stampa a Piombino tra fine Ottocento e Fascismo

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Stampa a Piombino tra fine Ottocento e Fascismo" di Gordiano Lupi



PIOMBINO — Alla fine del 1800 Piombino poteva contare su un buon numero di riviste e giornali, che sono consultabili presso l’Archivio Storico e altre pubbliche istituzioni. Per noi curiosi della stampa, da sempre appassionati di scrittura, la scoperta di alcuni titoli è avvenuta sfogliando le pagine memorabili de Il movimento operaio a Piombino di Pietro Bianconi, libro essenziale per conoscere la nostra storia. 

La Piombino ottocentesca era divisa tra nobili (monarchici), ricchi borghesi e un ceto basso composto da operai e contadini. I borghesi possedevano un giornale che si autodefiniva liberale: Il Progresso Maremmano, un settimanale fondato nel 1892 (anno di nascita del Partito Socialista), stampato dal tipografo Vitaliano Nesi, editore e direttore del giornale, ex ufficiale di cavalleria e maestro di scuola. Alcune annate del Progresso sono ancora reperibili alla Biblioteca Universitaria di Pisa e di Firenze, persino a Piombino nella vecchia sezione del Partito Socialista. I nobili facevano sentire la loro voce grazie a Il Corazziere, un settimanale d’impostazione monarchica stampato a Volterra, ancora reperibile nella città etrusca presso la Biblioteca Guarnacci, che negli anni Venti del Novecento diventò organo del Partito Fascista. Gli articoli del Corazziere erano improntati a un attacco frontale nei confronti dei socialisti e degli anarchici piombinesi, oltre a dare conto in maniera certosina di ogni attività monarchica nella zona della città del ferro. Il Corazziere vedeva tra i suoi sostenitori il conte Curzio Desideri di Populonia, il barone Hermit, il conte Eugenio Figoli de Geneys (di Riotorto), il professor Licurgo Cappelletti (autore di una memorabile Storia di Piombino) e i discendenti degli antichi signori di Piombino, i principi Boncompagni - Ludovisi. 

I giornali del tempo parlavano con enfasi delle grandi imprese industriali che avrebbero visto come teatro Piombino: le ferriere, gli stabilimenti, la produzione della ghisa, gli altiforni, il lavoro per oltre diecimila operai… Era un periodo in cui la grande proprietà terriera tendeva a scomparire a vantaggio della media borghesia urbana, con scontri ideologici tra nobili e borghesi, i primi grandi possessori di terre, i secondi di denaro liquido. Chi possedeva la terra faceva buoni affari vendendo ai nuovi industriali, ricchi proprietari nobili come Filippo Maresma cedevano zone paludose a ditte francesi (che le rivendevano a prezzi maggiorati), il conte Desideri cedeva appezzamenti ad aziende di Firenze che volevano impiantare attività produttive. Infine la costituzione della Società Anonima Altiforni e Fonderie di Piombino (1897) fu il punto di partenza per un altoforno a carbone e legna per produrre ghisa da fusione utilizzata dalla Società Pignone di Firenze. Piombino cominciava a intraprendere la sua strada di città fabbrica, quindi era inevitabile che cominciassero a nascere anche organi di stampa proletari. 

Il primo giornale socialista fu La Martinella (reperibile presso Istituto Storico della Resistenza, Firenze), dove scrivevano l’ingegner Ferruccio Niccolini (proprio lui, quello della piazza davanti al Rivellino) sotto il nomignolo di Velatri, il professor Mori (con lo pseudonimo di Amor) che diventerà direttore dell’ospedale e il dottor Goffredo Iermini, un brillante medico condotto. Il movimento operaio piombinese era diviso in correnti marxiste, cristiano sociali, democratico repubblicane e anarchiche che non riuscivano a trovare una sintesi ideologica nelle colonne del giornale, così come non era unitaria la lotta di piazza e la concertazione sindacale. Il movimento dette vita ad altri giornali molto attivi come La Fiamma (organo della Federazione Socialista di Volterra), Il Martello (settimanale sindacalista) e L’operaio (settimanale della sezione socialista di Piombino). Quotidiani popolari erano Il Telegrafo di Livorno (informativo e tendenzialmente non politico) e L’Avanti (giornale socialista), in seguito anche L’Unità (organo del Partito Comunista Italiano, nato nel 1921, a Livorno) e La Nazione di Firenze (spostato più a destra rispetto al Telegrafo), mentre esistevano fogli estremisti come Guerra di classe che incitavano alla rivolta in armi. Tra i periodici anarchici citiamo anche Umanità Nova, mentre a Pisa si stampava un quotidiano informativo e meno politicizzato come Il Messaggero Toscano. Nel 1920 per pochi numeri venne stampato a Piombino un giornale chiamato Il Tirreno (niente a che vedere con l’odierno quotidiano), diretto da Vitaliano Nesi, dopo che era stato chiuso Il Progresso Maremmano. Terminiamo il nostro breve excursus sulla stampa locale del Novecento, materiale di ricerca per un vero studioso, ponendo l’accento sui tempi che viviamo, così lontani dalla contrapposizione tra borghesi, nobili e proletari, ma segnati da una forte crisi dell’industria dell’acciaio e della stampa periodica.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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