Attualità domenica 10 novembre 2024 ore 07:00
Ancora modi di dire piombinesi
Acciaiare, cianciullare, crognolo, guastarsi, fortóri, cerotto e respice fine: Gordiano Lupi nel suo Blog #TuttoPiombino ripercorre alcuni detti
. — Due termini sembra che siano stati inventati negli anni Cinquanta dalla stampa sportiva, secondo quanto riporta Gianfranco Bendettini nel suo Cinquant’anni in nerazzurro (1971). Il primo è il verbo acciaiare che si usa anche come aggettivo sostantivato nella declinazione di acciaiato e si usava per definire la squadra del Piombino, ai tempi in serie B, così forte da sembrare di acciaio.
Nei giornali sportivi si trovava con frequenza la dizione la compagine acciaiata, gli acciaiati, oppure un Piombino acciaiato, per dire che era molto forte. Va da sé che il termine si usava per paragonare la forza dei calciatori nerazzurri al materiale ferroso prodotto dalle note acciaierie e in tal senso spesso ho trovato - anche in tempi recenti - l’aggettivo ferrigno. Esempio: Un Piombino agile e ferrigno supera la Larcianese. Il secondo è il verbo cianciullare, che sta per perdere tempo, forse deriva dall’italiano in disuso cianciugliare, che significherebbe cianciare, balbettare, dire parole inutili. Il nostro cianciullare piombinese è il verbo che definisce il perdere tempo, stare a trastullarsi inutilmente.
Esempi: Hai finito di stare lì a cianciullare? Stai costì a cianciullare ma poi non fai nulla. Cianciulli cianciulli ma non compicci niente. Pure compicciare - nel senso di fare qualcosa - è termine vernacolare diffuso in Maremma. In senso calcistico una squadra che sta a cianciullare vuol perdere tempo e guadagnare la fine della gara per mantenere il risultato raggiunto. Sei proprio un crognolo! È una terminologia abbastanza offensiva usata in tutta la Maremma per definire una persona testarda, dura come il marmo, che non accetta suggerimenti o consigli ma va avanti con ostinazione.
Il crognolo sarebbe il corniolo - da noi nessuno lo chiama con il vero nome -, un legno davvero molto duro usato come metro di paragone per definire la scorza maremmana. Un altro termine che usavano i vecchi piombinesi è il verbo guastarsi usato in forma riflessiva e in accezione non tipica, come essere in lite con qualcuno. Esempio: Mi fa piacere che tu non sia più guasto con Luigi. Ti sei guastato con i colleghi di lavoro? Come mai sei guasto con Agnese?
Tutto deriva da un litigio che fa guastare i rapporti con determinate persone, ergo ci si guasta con loro, siamo guasti. Io e te siamo guasti. Avere i fortóri, nel senso di bruciori di stomaco, è italiano corretto, ma in pratica si usa solo nella nostra zona, forse oggi non più di tanto, ma dai vecchi l’ho sentito dire spesso.
Esempi: Mamma mia che fortóri mi son venuti! Mi son presi i fortóri!
Il fortóre è un sapore acre di una sostanza alimentare che sta andando a male, usato soprattutto per il vino (questo vino ha preso il forte), ma si può usare anche per un odore acetoso e rancido, per il puzzo di un corpo sudato dopo un allenamento, per l’odore tipico di un animale selvatico, per il fortóre estivo delle persone accalcate in un treno o autobus. Il fortóre al plurale - avere o sentire i fortóri significa avere acidità e bruciore di stomaco, che torna alla gola a e al naso; se abbiamo i fortóri dopo pranzo significa che abbiamo mangiato troppo. A proposito di malattie, nello slang piombinese degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, una persona cagionevole di salute veniva apostrofato con un’esclamazione che in tempi moderni non ho più sentito: Sei proprio una caccambrella!. Non è dato sapere cosa sia una caccambrella, forse un rottame … In realtà molto più diffuso in tempi moderni è Sei proprio un cerotto!, che significa la stessa cosa, stai proprio messo male di salute … ce l’hai tutte te! Fare respice fine significa distruggere tutto, non lasciare niente d’intero, rompere ogni cosa, deriva dal latino respice finem - guarda alla fine.
La frase latina aveva un senso diverso, molto più aulico, era il consiglio dato da Solone a Creso di non vantarsi dei successi fino a quando la morte non avesse dato alla sua vita un significato definitivo.
Non possiamo essere sicuri di un’impresa se non dopo averla compiuta (respice finem) è il significato classico, in senso lato. Alla piombinese vuol dire solo fare tabula rasa, spaccare tutto, strappare ogni cosa. Esempio: Ho fatto proprio respice fine.
Gordiano Lupi
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