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Attualità domenica 03 gennaio 2021 ore 06:30

C’era una volta Cecco Rivolta

Piombino (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “C’era un volta Cecco Rivolta” di Gordiano Lupi



PIOMBINO — La storia di Cecco Rivolta si perde nella notte dei tempi. Filastrocca tutta piombinese con poco senso che mi raccontava mia nonna, come molte altre nonne degli anni Sessanta, credo. La piccola poesia parlava di un tizio che rivoltava i maccheroni - forse voleva farci una frittata, girando e rigirando più volte quella pasta così buona -, ma una volta capitò che se la fece nei calzoni. Forse era piccolo, povero Cecco, di tanto in tanto i bambini sono incontinenti, non ce la fanno ad arrivare in fretta al bagno. Resta l’incongruenza di un bambino capace di farsi una frittata di maccheroni ma che al tempo stesso si fa la cacca nei calzoni, non è capace di raggiungere il water per espletare i propri bisogni fisiologici. Ma tant’è, di filastrocca si tratta, non sappiamo altro sul personaggio principale. Cecco non aveva una mamma paziente, non era una degli anni Duemila, non consentiva di fare ogni cosa ai figli, proprio no; Cecco aveva una mamma manesca, che da brava massaia puliva i calzoni sporchi ma prima puniva, insomma te le dava di santa ragione, fino a farti piangere dal dolore fisico. Fu così che il nostro Cecco si ammalò, forse la mamma l’aveva malmenato con troppa passione, forse la frittata di maccheroni era indigesta, forse il fatto di farsela nei calzoni era indice di malattia. Vai un po’ a sapere dove sta la verità. Bisognerebbe conoscere l’autore del racconto. Il povero Cecco, insomma, finì all’ospedale ma la corsa in ambulanza a sirene spiegate non servì a niente, si sentiva troppo male, maledetti maccheroni! Cecco Rivolta finì per morire. L’ultima corsa venne fatta verso il camposanto, dove Cecco rimase molto tempo, fino al giorno in cui fu assunto in Paradiso, dove restò per l’eternità. Finale a sorpresa. L’ultima strofa della filastrocca esulta per Cecco e afferma con entusiasmo che lui mangia il riso. Eh, certo, meglio della frittata di maccheroni, visti i risultati...

La versione completa della filastrocca:

C’era una volta Cecco Rivolta
rivoltava i maccheroni:
se la fece ne’ calzoni.
La sua mamma lo picchiò,
Cecco Rivolta s’ammalò
s’ammalò di malattia,
povero Cecco lo portarono via.
Lo portarono all’Ospedale,
povero Cecco si sente male.
Lo portarono al camposanto
povero Cecco ci rimase tanto.
Lo portarono in Paradiso:
Viva Cecco che mangia il riso!

Mia nonna, invece, me la raccontava in forma sincopata, ridotta, forse adattata alla sua sensibilità, al suo ricordo. Pure mia madre è fautrice di questa versione, che da parte mia ho tramandato ai miei figli:

C’era una volta Cecco Rivolta
che rivoltava i maccheroni:
se la fece nei calzoni,
la sua mamma lo picchiò,
povero Cecco s’ammalò,
s’ammalò di malattia,
povero Cecco lo portarono via.
Lo portarono all’ospedale,
povero Cecco ci stava male.
Lo portarono al camposanto,
povero Cecco ci stette tanto!

Niente finale in Paradiso, secondo mia nonna, che forse era atea e non credeva al soprannaturale, soprattutto niente riso, ché il riso ai Bindani li strozza, diceva mio nonno (famiglia Bindani), che odiava il riso...

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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