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Attualità domenica 23 ottobre 2022 ore 07:28

​Compagni di scuola, cinquantasei anni dopo

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi racconta della reunion



PIOMBINO — Eravamo trentaquattro quelli della prima D, tutti belli ed eleganti tranne me, era l’anno dei mondiali quelli del sessantasei, la regina d’Inghilterra era Pelé …

Parafrasi perfetta d’un ricordo lontano - chi l’ha detto che le canzonette non servono a niente? - che riaffiora cinquantasei anni dopo all’Osteria Il Buco Giusto di Sandro Cioni, dove si danno appuntamento undici tra i trentaquattro (erano di meno, erano di più?) compagni di scuola di quel magico anno, grazie alla perfetta organizzazione di Luca Lavoratori.

Non era facile ritrovare gran parte dei compagni di banco della Prima Elementare, Scuole Dante Alighieri di Piazza Dante, edificio unico per i bimbi piombinesi, tirati su a bomboloni di Ponzo e schiaccia di via Torino, ma Luca ce l’ha fatta, con ostinazione e grazie ai moderni mezzi telematici.

Il 1966 è un anno magico, avevo sei anni, ricordo poco o niente, neppure i gol di Pelè, solo mio padre che bestemmia in poltrona perché l’Italia si fa eliminare da un dentista coreano, il sorriso di mia madre che il calcio non fa per lei, mio nonno col Toscanello in bocca, mia nonna e il fotoromanzo di Grand Hotel. Poco altro, a parte la maestra, che non c’è più, Maria Luisa ritorna alla memoria ogni volta che devo mettere una virgola al posto giusto, quando m’assale un dubbio grammaticale, fino a poco tempo fa era lei la prima lettrice dei miei libri. Inutile dire che mi manca. Maria Luisa era assente giustificata, avrà visto dal cielo i suoi alunni mangiare crostini ai porcini, cocchi crudi con scaglie di grano, tagliatelle alle vongole, tagliata di ricciola con porcini, frittura mista, tutto annaffiato con prosecco e vino rosso, quindi dolce, caffè e ammazzacaffè, poca acqua e un fiume di ricordi. Una bella serata in compagnia del passato, di tanti pensieri lontani, di sogni non avverati, di illusioni e promesse, di come siamo diventati e com’eravamo.

Undici nomi, per ciascuno un ritratto d’infanzia e una foto del presente, avvocati e medici, commercianti e insegnanti, operai e giornalisti, musicisti e impiegati, giocatori di basket. Alessandro Massarelli, Aldo Niccolini, Andrea Nannelli, Massimo Medaglini, Roberto Moretti, Raffaele Mezzacapo, Piero Larini, Massimo Muti, Marco Mori, Cristiano Lozito, Paolo Gentili e Luca Lavoratori. Assenti giustificati Giuliano Martelli e il sottoscritto, il primo ammalato, il secondo impegnato con la madre a Seggiano per un saluto ai suoi morti. Un pensiero dovuto per chi non poteva esserci, compagni di scuola scomparsi troppo presto, Sergio Gavetti e Davide Lucignoli, anche Marco Mannari, che - facciamo la battuta per sdrammatizzare - nel registro di classe veniva sempre dopo di me (Lupi), così l’appello era motivo per scherzi, lazzi e prese per i fondelli. Roberto Mangoni, morto davvero troppo presto, su un campo di calcio, lungo una fascia laterale, facendo la cosa che più amava al mondo e che sapeva fare così bene, troppo giovane, povero amico mio, serve a niente aver cercato di renderti immortale, trasformandoti in personaggio da romanzo, nascosto sotto il nome di Sergio. Molti non c’erano perché vivono lontano, le loro vite scorrono distanti da quest’angolo appartato di Maremma Toscana. Tra i tanti che non vedo da tempo mi vengono a mente Fabio Ludovici e Claudio Garlatti, il primo umbro, il secondo lombardo.

Eravamo trentaquattro quelli della Prima D, sconosciuto il mio futuro dentro me, e mio padre una montagna troppo alta da scalare… Eravamo trentaquattro e adesso non ci siamo più, e seduto in questo banco ci sei tu…

Caro Venditti, se non esistessi bisognerebbe inventarti, perché la domanda a sessantadue anni resta quella della canzone: Compagno di scuola, compagno di niente, ti sei salvato dal fumo delle barricate? Compagno di scuola, compagno per niente, ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu? No che non mi sono salvato, come molti sono entrato in banca, mettendo da parte sogni e avventure, adesso aspetto che finisca, per dedicarmi alla vita vera, impiegando meglio il poco tempo che resta. E alla prossima cena non mancherò, purché non ci siano da aspettare altri cinquantasei anni. 

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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