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Attualità sabato 27 febbraio 2021 ore 19:25

Contestati i manifesti pro vita

Una parte del manifesto affisso

Cittadini e politica hanno espresso il loro dissenso rispetto alla campagna contro l'aborto. Condanna anche dalla Commissione Pari opportunità



PIOMBINO — Levata di scudi contro i manifesti affissi a Piombino nell'ambito della campagna di sensibilizzazione del Movimento Pro Vita. Il manifesto con una foto di un bambino e la frase "Io sono per la vita" ha smosso l'opinione pubblica che ha aperto numerosi dibattiti sui social che hanno coinvolto anche le forze politiche.

"Chi non è per la vita? - si legge in un post pubblicato sulla pagina Facebook del Gruppo consiliare Pd - Ma il manifesto comparso in città a nome di Movimento per la vita pur dichiarando la 'non intenzione a ledere diritti e libertà positivamente previsti dalla legge' è un messaggio ambiguo da parte di chi intende mettere in discussione la libertà all'autodeterminazione della donna in materia di procreazione. Qual è lo scopo del manifesto? Aprire un dibattito su cosa? Se si vogliono aiutare le famiglie, inteso in senso allargato ovviamente e il disegnino in alto al manifesto è già un segnale, si deve intervenire con sostegni, economici e di servizi. Resta comunque importante sottolineare che è la donna la sola a poter decidere. Esiste una legge, la 194 del 1978, che va salvaguardata da attacchi più o meno velati a tutela del diritti di scelta delle donne in materia di procreazione".

Stessa domanda se l'è posta Rifondazione Comunista, sempre sui social,  che ha sottolineato come quell'io accusatorio "chiude spazio ad ogni replica, ad ogni riflessione, ad ogni discussione. Non si parla del dramma interiore e della sofferenza con cui molte donne hanno affrontato certe scelte, con cui hanno deciso; donne che, con lo strazio nel cuore hanno superato quel punto, perché non potevano, non volevano o perché non vi era alternativa. - si legge - Non sta a noi discutere o condannare, ma solo comprendere. La legge 194 per la quale tante donne hanno lottato per la tutela e il diritto ad una maternità consapevole, ha dato la possibilità di scegliere liberamente e di prendere una decisione che può portare la donna anche a decidere per una Interruzione Volontaria della Gravidanza, normata e garantita dal Servizio Sanitario Nazionale pubblico che la effettua in sicurezza all’interno delle proprie strutture. Detto questo poiché riteniamo che il manifesto comparso sulle nostre strade sia un insulto e un’offesa verso tutte le donne, chiediamo un intervento in merito della Commissione Pari Opportunità che stigmatizzi il messaggio antiabortista insito nei manifesti".

E proprio la Commissione per le Pari opportunità del Comune di Piombino è intervenuta in merito con. un comunicato ufficiale.

"Sono passati molti anni dall’approvazione della legge 194 (22 maggio 1978) che sanciva legalmente l’interruzione volontaria di gravidanza. Fu un passo avanti enorme in una situazione precedentemente contraddistinta da pericolose pratiche abortive clandestine, in cui la morte della donna era un rischio considerevole e probabile, oggetto di speculazione economica e morale. Fino al 1978 il Codice Rocco stabiliva che l’aborto fosse un reato: da allora ha resistito a numerosi attacchi e tentativi di abrogazione. Fu il risultato di una lunga battaglia che, purtroppo, non si è ancora conclusa, perché molti ospedali sono pieni di obiettori che si rifiutano di applicare una legge dello Stato. I diritti delle donne sono in pericolo nel mondo e la recente cronaca mostra come il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza sia sotto attacco: basti pensare alla pronuncia della Corte costituzionale polacca che vieta l'aborto salvo in casi estremi, quali lo stupro o il pericolo di vita per la madre. Nel nostro paese l'aborto non è più giuridicamente un reato ma abortire è ancora visto come una colpa e alla donna viene fatta scontare la pena di ciò che osa fare: decidere di se stessa e della propria vita. L'interruzione di gravidanza non può più essere condannata come reato, una decisione per cui si colpisce la donna facendo passare l'aborto come un peccato. Come donne che si battono per le pari opportunità e contro ogni discriminazione di genere ribadiamo la nostra ferma opposizione ad ogni campagna che voglia riportare indietro di 50 anni i diritti delle donne, negando loro la competenza e la libertà di decidere sulla propria gravidanza, facendole sentire colpevoli se rivendicano il diritto di gestirsi il corpo e la vita. La legge 194 non obbliga nessuno a scelte non condivise, ma sancisce il sacrosanto diritto di ogni persona a decidere della propria vita".


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