Attualità domenica 20 aprile 2025 ore 08:25
Il Cotone

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi ripercorre la storia del quartiere
PIOMBINO — Facciamo un piccolo viaggio in borgata, verso un luogo che Pasolini avrebbe amato. Per raggiungere Cotone-Poggetto prendiamo via della Pace, al termine di Salivoli, entrando nella confluenza a destra di via Forlanini (che porta all’Ospedale di Villa Marina), anche se il cammino è faticoso, la maggior pena proviene dal rombare delle moto dei ragazzi in ritardo per entrare a scuola. Finisce che respiri l’inquinamento cittadino provocato dai tubi di scappamento delle auto che sfrecciano come bolidi sulla curva del gran premio. Via della Pace è interminabile, pare una pista automobilistica, tutti ci corrono sopra come se Piombino fosse Genova e la strada una tangenziale, invece che uno svincolo micidiale dove qualcuno è morto per un incidente stradale, vedo ancora i fiori attaccati a un lampione a futura memoria. In via della Pace c’è uno stupendo panorama, terrazza sull’Elba, tra lecci e pini, oleandri e felci, appannata da case di nuova costruzione che un tempo chiamavano ecomostro, adesso non lo ricorda più nessuno, ché al peggio non c’è fine, ci si abitua facilmente. Passiamo la rotonda tra campo di atletica e piscina, ci spostiamo nell’altro spezzone di via della Pace, quello con le scuole, infine nel terzo, la parte in discesa che conduce in via Unità d’Italia, grande direttrice che accompagna fuori da Piombino. Ecco la Sol, fabbrica di ossigeno in disarmo, davanti a una rotonda impossibile da attraversare per il gran traffico a ogni ora del giorno; nessun amministratore ha mai pensato che al Cotone-Poggetto avremmo necessità di arrivarci pure a piedi, visto che molte famiglie non abbienti popolano il quartiere, magari un passaggio pedonale farebbe al caso. Povera borgata Cotone, così isolata dal mondo, meta difficile da raggiungere per chi si metta in testa di andarci camminando! Via Claudio Jonta, discesa che porta nel cuore del piccolo villaggio, circa sessant’anni fa non aveva un nome, la percorrevo in bicicletta, era una fatica risalire, adesso un gruppo di amici e di colleghi musicisti ha fatto in modo che venisse (giustamente) intitolata a un cantautore piombinese morto ventottenne, uno in gamba, tempo fa gli abbiamo dedicato pure un libro. Claudio Jonta, nato nel 1951 e scomparso nel 1979, grazie all’assessore Andrea Fanetti - amante della musica e della sua Piombino - viene ricordato dalla toponomastica locale in un luogo che lo rappresenta bene. Via Jonta comincia con uno stabile in abbandono, un magazzino comunale con ampio giardino, cancellata ossidata e lucchetti, casa degli spiriti sperduta; quindi lecci e piante rampicanti ti accompagnano verso le prime case popolari, i cari vecchi casermoni stile Unione Sovietica anni Cinquanta. Vegetazione selvaggia, oleandri che crescon dappertutto, edera e pini giganteschi, ginestra in fiore che sporge dalle grate d’una cancellata arrugginita. Tra capanne di lamiera uso rimessa in un cortile vedo salire la bella gioventù multirazziale del Cotone che camminando si dirige a scuola. La cancellata in ferro ossidato che separa la borgata dalla fabbrica - un non luogo perduto - accompagna i miei passi, oltre le inferriate e gli oleandri (piante aliene) capannoni cadenti e ferrovie in disuso, treni merci immobili da tempo sul piazzale, infine il niente d’uno stabilimento disastrato. In lontananza Piombino e tanto mare, mentre ripensi a via Provinciale che dalla città portava a Pontedoro, ma di tempo n’è passato così tanto che certe cose non le hai neppure conosciute, son ricordi e racconti, memoria dei tuoi vecchi. Ed ecco i cinque casermoni fatiscenti con i panni tesi alle finestre e nei cortili erbosi, solo uno ristrutturato, gli altri cadenti; nel palazzone vicino alla piazza c’è la succursale della Posta, una dei pochi servizi rimasti al Cotone. Prendiamo una strada laterale senza nome che passa davanti ai palazzoni e porta a Piazza della Rinascita, dove i cotonesi vanno ad attingere acqua depurata dalle fontane pubbliche installate. L’umanità del Cotone di Alessio Sozzi, biancospini tutt’intorno al monumento, ne ho parlato spesso, un’intera famiglia attende chi non fa ritorno: un padre, morto di lavoro, morto di fabbrica assassina. Sozzi scolpisce su pietra la sua storia, un bambino in lacrime, un dolore che segna la sua vita, destino comune a queste latitudini. Nessun altro luogo sarebbe stato più indicato del Cotone come sede per un capolavoro del Novecento, inaugurato il 21 novembre del 1996, contemporaneo al mio ritorno a Piombino dopo alcuni anni che vivevo a Pisa. Passeggiando senti quel rumore continuo della fabbrica, non è più il clangore del passato, non sono i tonfi spessi delle lamiere, come nel cielo non vedi fumi bianchi e rossi, non c’è spolverino, adesso solo un brusio continuo e monocorde, come una litania fugace e insistente che ti viene da chiedere il motivo, visto che non funziona quasi più niente, che tutto è in abbandono. Il Cotone è cambiato, adesso i suoi abitanti sono una popolazione variegata, un insieme di culture e di etnie che convive con i pochi anziani (vogliamo chiamarli piombinesi?) superstiti d’una civiltà paleoindustriale che non può tornare. E questa piazza dove adesso siedo, in una panchina rossa inaugurata per ricordare che non dev’esserci violenza sulle donne, spesso è luogo per dibattiti che non son simili al passato quando si parlava di lotta per il posto di lavoro, adesso sono incontri per cercare di capire quel che siamo diventati. Accanto al monumento di Sozzi c’è una lapide, costruita nel 1945 e posta nel 2005, soltanto sessant’anni dopo riemersa dall’oblio in cui era stata lasciata, con lei i cittadini del Cotone celebrano il ricordo delle vittime della dittatura nazifascista. Questa piazza con le panchine, la statua, un luogo per giocare dove corrono i bimbi del Cotone e la sua triste lapide, ha un nome che gli è stato dato nel 2010, durante il percorso Città futura - finito nel niente come troppe cose -, si chiama piazza della Rinascita, soltanto una speranza, credo, l’ultima a morire. Una bellezza insolita è Il giardino di nonna Margherita e dell’ultimo nato pieno di piante colorate e fiori strani, a memoria di chi viene al mondo, il futuro abitante del quartiere. Tigli, acacie, cipressi, pini, la borgata cambia aspetto quando si passa al Poggetto con le case basse e i piccoli caseggiati con giardino. Non ci sono bar e ristoranti in questo quartiere, per fortuna è risorto (grazie ai volontari) il Circolo Arci “Ettore Puccini” che svolge attività culturali, cene sociali, incontri, manda avanti una radio web, tutte cose nate dal genio di uomini come Eraldo Ridi e Ado Grilli.
Gordiano Lupi
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