Questo sito contribuisce alla audience di 
QUI quotidiano online.  
Percorso semplificato Aggiornato alle 07:00 METEO:PIOMBINO13°16°  QuiNews.net
Qui News valdicornia, Cronaca, Sport, Notizie Locali valdicornia
domenica 28 aprile 2024
Tutti i titoli:
corriere tv
Foti: «Proteste all'università contro accordi con Israele? Era meglio mandarli a zappare»

Attualità domenica 26 novembre 2023 ore 09:09

​Il dé piombinese

Vista su Piombino (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Il dé piombinese" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Tanto per sgombrare il campo da ogni dubbio, diciamo subito che il labronico non è il deh aulico della tradizione classica. Non ha proprio niente a che vedere. Il nostro è un intercalare del parlato che ha un uso quotidiano, si scrive con accento acuto e rigorosamente senz’acca. Non ha niente del vocativo aulico (Deh, donne ascoltatemi!) e della poesia epica, ma è un’interiezione dai molteplici significati che un buon livornese - quindi anche un piombinese che mezzo livornese resta - non può fare a meno di ficcare nel discorso, soprattutto in apertura e in chiusura di frase.

Abbiamo già visto l’espressione Dé, te lo cicchi!, dove il in realtà si potrebbe omettere, perché non ci sta a fare niente, se non a rafforzare l’enfasi del discorso. Un non labronico comprende con difficoltà l’uso e la necessità di questa esclamazione popolare, ma per noi che la viviamo da sempre è insostituibile. Partiamo dall’assunto che il può significare qualsiasi cosa, dipende da come si usa e in quale contesto si mette, oltre a rinforzare un’affermazione. Partiamo dall’origine dell’espressione - confortati dal Borzacchini e dall’ABC del livornese di Daniela Lenzi - non molto chiara e soprattutto non univoca. Per alcuni sembrerebbe imputabile alla parola ormai desueta decco, derivata (per contrazione) dall’espressione ed ecco. Per altri sarebbe una contrazione del modo di dire mio Dio alla francese provenzale (madiè) seguita da un o da un no: madiesì, madieno, con la e chiusa, che avrebbe prodotto l’odierno livornese. Il compianto linguista labronico Ettore Borzacchini (per gli amici Giorgio Marchetti) non opera una scelta precisa della derivazione, per lui la sola cosa importante, oserei dire fondamentale, è avere ben chiaro che il livornese non c’entra un tubo con il deh della tradizione classica. Non è un esortazione! Non significa orsù, forza, via, andiamo, facciamo, muoviamoci, prendiamo le armi … (Deh, cavalieri, combattiamo!). Tutt’altro! Una cosa molto importante, inoltre, è che in livornese (e in piombinese) si scrive con la e chiusa e con l’accento acuto.

Facciamo qualche esempio su come si usa il piombinese, che ha nella maggior parte dei casi una funzione puramente rafforzativa, ma non decorativa come potrebbe dire uno straniero che non conosce l’anima labronica. A fine frase: bello dé. A inizio frase: dé cocco! dé, ma sei proprio duro!. Da solo, come risposta affermativa a una domanda scontata, ma anche come affermazione di una situazione, dipende dal tono in cui il viene pronunciato. Se domando a una persona Come stai?, la risposta può anche essere semplicemente , ma il significato profondo dipenderà dal tono di quel , che potrà essere enfatico (sto benone) o dimesso (sto parecchio male). A Livorno il si ficca in mezzo a ogni frase, in apertura di discorso e alla fine, è un vero e proprio intercalare, mano a mano che si percorre verso sud la provincia di Livorno, l’uso si fa meno frequente, per scomparire del tutto a Follonica, che è già zona di Grosseto. Possiamo dire che Piombino è l’avamposto terminale del , qui da noi si usa in maniera abbastanza parca, non troppo spesso, non se ne fa un abuso e la sua funzione è soprattutto rafforzativa. Boia dé si dice anche a Piombino, per esempio, come forma particolarmente rinforzata di un concetto. Il modo di dire proviene proprio dalle esecuzioni capitali eseguite dal boia livornese che le praticava con la ghigliottina prima in Fortezza Vecchia, poi nella zona di via de Larderel. Boia dé in antichità sarebbe stata una forma di giuramento rafforzato. Adesso serve solo a dire: Boia dé, fa un freddo che un se ne pole più!, Boia dé, ma come sei duro! Boia dé, era meglio mori’ da piccoli che fa’ questa fine! E via di questo passo con altre simpatiche espressioni labroniche. 

Termino con un consiglio. Mi raccomando, quando usate il verbo potere e passate da Piombino, evitate di coniugarlo come grammatica italiana comanda. Non vi capiranno. Qui si dice, al presente: Io posso, tu poi, egli pole, noi possiamo, voi potete, essi possono. Non è così difficile, cambiano solo la seconda e la terza persona singolare. 

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI

Tag
Iscriviti alla newsletter QUInews ToscanaMedia ed ogni sera riceverai gratis le notizie principali del giorno