Attualità domenica 27 febbraio 2022 ore 07:05
Il delitto di Campo alle Fave

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Il delitto di Campo alle Fave” tratteggiato da Gordiano Lupi
PIOMBINO — Il delitto commesso dai fascisti a Campo alle Fave si può ricostruire grazie a due sentenze dal contenuto diametralmente opposto: assoluzione dei responsabili presso la Corte d’Assise di Pisa, nel 1922; condanna a nove anni di reclusione, nel 1945, presso Corte d’Assise di Perugia, pena non scontata per amnistia. I documenti ufficiali si possono consultare sul testo di Pietro Bianconi, Il movimento operaio a Piombino. Va da sé che le diverse sentenze sono figlie dei tempi, ché in pieno periodo fascista la verità storica viene manipolata e i testimoni chiave non sono ascoltati. Rileggiamo i fatti.
Tutto parte dall’Ideal Bar - covo di fascisti localizzabile in corso Italia, presso l’odierno Albergo Moderno - e vede protagonisti un gruppo di fascisti capitanato dal segretario Adolfo Lapi e da altri due membri del Direttorio: Gastone Garabaglia, capo del personale Ilva, e Francesco Vallesi, un fascista legato ad ambienti clericali. La missione che si sta per compiere, finanziata da Magona e Ilva e messa in atto da un gruppo di delinquenti comuni, è l’assassinio dell’anarchico Amadio Lucarelli e del comunista Attilio Landi. L’Ideal Bar, detto il Barrino, è il covo dei fascisti piombinesi, anche perché il gerarca Adolfo Lapi è l'amante di Silvia Paffi (vedova Pieracci) che lo gestisce, per questo a quei tavoli gli squadristi vengono a prendere ordini per le spedizioni punitive. In quel bar si possono trovare rivoltelle e pugnali, nascoste nei luoghi più impensati, da usare in azioni di rappresaglia e per intimidazioni contro nemici politici.
Quel 9 luglio del 1922, verso le 14 e 30, parte una diligenza con le tendine abbassate, carica di fascisti, una carrozza con i sedili laterali adibita a trasporto operai verso gli stabilimenti. La carrozza si ferma alla locanda La Fiorentina, cinque chilometri da Piombino, dove i fascisti scendono cantando, bastonano qualche presunto anarchico seduto a bere vino, quindi si dirigono verso Campo alle Fave, minacciando chiunque trovino sul loro cammino. Località Fiorentina è un pugno di case di contadini lungo la Strada della Principessa, con una bottega che vende di tutto, dal tabacco al pane, passando per petrolio e vino, è lì che si danno appuntamento gli uomini per bere, giocare a carte e a bocce. Da Fiorentina, per un sentiero impervio, tra canneti e rovi, si raggiunge Campo alle Fave, in mezzo alla macchia, tra carbonaie e campi coltivati.
I fascisti, disposti in tre piccole squadre, si spingono in quei luoghi, spaventando a colpi di pistola i contadini che incontrano, cercando chi devono giustiziare. Le vittime designate sono Amadio Lucarelli - che ha preso a mezzadria un bosco e sta coltivando un campo di pomodori - e Attilio Landi, che ha acceso delle carbonaie. I fascisti vedono i ricercati e li apostrofano con i loro soprannomi: “Ecco il gobbo!”, alludono al Lucarelli. “Ecco il biondino!”, parlano del Landi. E si mettono a sparare ad altezza d’uomo, questa volta per uccidere. Lucarelli cade a terra morto, Landi si salva, può sporgere denuncia alle autorità e far arrestare i colpevoli, anche se il processo finisce in una bolla di sapone. Attilio è il fratello di Landino, ucciso il 21 maggio, schedato come sovversivo, così come Amadio Lucarelli è un anarchico (fratello di Pio, il noto orefice).
Vengono arrestati Dino Marzili (scappato a Firenze) e il direttore dell’Ilva Gastone Garabaglia, che dopo una breve fuga a Milano si costituisce, ma il processo termina con una sentenza di assoluzione, tra intimidazioni e coperture giudiziarie. Una parvenza di giustizia si ottiene solo nel 1945, dopo la cattura da parte dei partigiani dei responsabili, ma i principali colpevoli - Adolfo Lapi e Pilade Mela (9 anni e sei mesi) - vengono scarcerati per amnistia.
Un altro episodio da non dimenticare.
Gordiano Lupi
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