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Attualità domenica 11 dicembre 2022 ore 07:05

Movimento operaio dal 1911 alla guerra mondiale

La stazione di Piombino

Su #tuttoPiombino di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi ripercorre la storia del movimento operaio dallo sciopero del 1911 fino alla Prima Guerra mondiale



PIOMBINO — Piombino e l’Elba solo le sedi privilegiate per le prove di forza dei trust industriali, che come risposta agli scioperi per migliori condizioni di lavoro e per orari più umani, mettono in campo serrate che provocano problemi di sussistenza per la classe operaia. Il trust industriale vuole ridurre la manodopera e sostituire gli operai più sindacalizzati con altri più malleabili, ritenuti dal padrone più produttivi. Gli industriali, per bocca di Max Bondi, dicono che non ammettono interferenze sindacali in fabbrica e che soltanto a loro spetta decidere su andamento e produttività. Tra l’altro c’è una grande disponibilità di manodopera e il personale poco qualificato può essere sostituito senza problemi con dei braccianti agricoli in arrivo, lavoratori stranieri e personale meno politicizzato.

Lo sciopero del 1911 si conclude con una sconfitta bruciante per il sindacato, perché la reazione industriale colpisce gli operai provetti, che hanno acquisito una professionalità in fabbrica, sostituiti da ex braccianti locali e da immigrati napoletani e sardi. Si prepara un periodo critico di profonda ingerenza da parte degli industriali nel tessuto cittadino, con iniziative come le dispense padronali e i magazzini cooperativi, che vincolano il lavoratore ad acquistare presso la fabbrica.

A Piombino non esistono attività alternative, per il padronato è facile ridurre alla fame e alla dipendenza economica un’intera collettività. La serrata diventa globale, Max Bondi non solo chiude le tre fabbriche cittadine, ma anche le miniere di ferro e le cave di calcare di Campiglia, mettendo in scacco l’economia della zona, provocando fallimenti di piccole attività commerciali. Il Comune socialista di Piombino si preoccupa di alleviare le difficoltà degli operai impiegando gli scioperanti in attività sociali ed emettendo buoni denaro per gli operai serrati, così come la Camera del Lavoro cerca di sostenere la rivolta.

Alla fine il trust industriale esce vincitore, al punto che nel 1912 l’Amministrazione piombinese viene sciolta dal governo centrale per irregolarità amministrative (a fin di bene, per aiutare gli operai) compiute durante lo sciopero. Molti dirigenti della Camera del Lavoro vengono arrestati e processati, la sede del sindacato perquisita dalla polizia, Il Martello chiude per mancanza di fondi e di redattori. Un gran merito del Comune è quello di diventare la casa dei lavoratori per tutta la durata dello sciopero, mentre la Camera del Lavoro riesce a tenere compatta la resistenza operaia per quasi sei mesi.

Tra il 1912 e il 1913 le condizioni di lavoro in fabbrica e in miniera peggiorano, si respira un clima di minaccia e di rappresaglia da parte delle direzioni aziendali, che porta a licenziamenti arbitrati dei lavoratori sospettati di adesione sindacale. La sconfitta nello sciopero del 1911 porta condizioni peggiori come orario di lavoro (anche 18 ore quotidiane!), la diminuzione del salario e una minor retribuzione del cottimo. Un operaio per guadagnare una cifra vicina a quella percepita prima del 1911 deve lavorare molto di più, inoltre il cottimo è considerato parte dello stipendio e i capireparto (di origine militare e provenienti dal ceto medio, veri e propri sorveglianti) ne fissano il prezzo in modo arbitrario. Il personale delle fabbriche viene in gran parte sostituito, non più composto da operai provetti, ma da uomini quasi del tutto a digiuno del tipo di lavoro, privi di ogni professionalità. Il padrone preferisce un operaio remissivo e accondiscendente a un lavoratore preparato, anche se questa scelta provoca un aumento degli infortuni sul lavoro e maggiori soste per guasti ai macchinari. Quel che interessa al trust di imprenditori è il controllo globale sulla classe operaia, succube anche di casse mutue integrative, di uffici del lavoro (per il collocamento) e di spacci alimentari padronali. Gli operai si trovano in una situazione subalterna al padrone che prende l’abitudine di pagare parte del salario con buoni alimentari da spendere nei magazzini aziendali, inoltre la classe dirigente delle fabbriche opera un controllo assillante sulle attività personali.

Il sindacato rinasce dalle ceneri come una fenice attorno al 1913 con nuove battaglie che partono dalle miniere elbane in lotta contro il cottimo speciale, senza limite di guadagno. Tra l’altro - per la prima volta nella storia - le elezioni sull’Isola d’Elba portano a una vittoria democratica contro la lista capeggiata da Mellini (direttore delle miniere), quindi a un governo cittadino con partecipazione socialista. A Piombino, invece, riesce alla perfezione un grande sciopero proclamato nell’agosto 1913 - fallito in gran parte d’Italia - anche per la presenza della componente anarchica accanto a quella socialista e per l’aiuto fornito da braccianti e lavoratori edili. Gli anarchici guidati da Sacconi spostano la sede da Scarlino a Piombino, infiltrandosi nelle organizzazioni economiche per mantenerne il carattere rivoluzionario. La Camera del Lavoro di Piombino risente sempre di più della presenza anarchica, che si pone accanto alla socialista, in un periodo complesso di crisi economica che investe la metallurgia.

Molti licenziamenti caratterizzano il periodo storico, secondo Max Bondi conseguenza di una miglior organizzazione del lavoro, ma non è vero, perché i carichi individuali sono esorbitanti e i tempi di lavoro insostenibili.

Nel 1914 scoppia la guerra, in un primo tempo l’Italia è non belligerante, ma la crisi colpisce duro sia le Acciaierie che la Magona, pure le imprese minori, l’edilizia e il porto. Gli Altiforni se la cavano meglio grazie alle commesse statali in tema di rotaie e altre forniture, anche se il prezzo del carbone e delle materie prime va alle stelle. La Camera del Lavoro, diretta dal cremonese Longoni, cerca di limitare i disagi della disoccupazione dilagante, in pieno accordo con il Comune socialista, soprattutto dopo l’inizio della guerra che vede molti richiamati alle armi da sostituire con nuova forza lavoro.

Tra socialisti e sindacalisti comincia una stretta collaborazione, molti dei primi confluiscono nella Camera del Lavoro per assumere un ruolo direttivo. Il Martello e gli anarchici, intanto, sono contro la guerra e cercano di evitare che vada a compimento la truffa dell’interventismo, senza riuscirci, anche perché molte anime del sindacato premono per l’intervento, tra questi il Longoni che vede nella guerra l’inizio della rivoluzione. Il sindacato piombinese è contro la guerra, al punto che Longoni è costretto a dimettersi, proprio nella nostra città vengono riunite le forze sindacali neutraliste e si vota un ordine del giorno contro la guerra. Tutto è inutile, perché i cannoni hanno cominciato a tuonare. E non si fermeranno così presto …

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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