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Attualità domenica 27 novembre 2022 ore 07:39

La nascita della classe operaia a Piombino

Il libro dal quale sono state tratte le informazioni

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi tratteggia il caso partendo da La Camera del Lavoro di Piombino, Elba e Maremma del 1907



PIOMBINO — La nascita della classe operaia piombinese molto spesso è stata semplificata affermando che tutto deriverebbe dai terreni agricoli che si spopolavano, dai salariati e dai mezzadri che abbandonavano le coltivazioni per entrare nella città fabbrica, un’isola industrializzata in mezzo alle campagne addormentate.

Non crediamo che sia la lettura giusta per capire la nascita della Camera del Lavoro di Piombino, Elba e Maremma, perché se analizziamo un campione di nuovi assunti nei primi anni del Novecento ci rendiamo conto che la maggior parte proviene da Massa Marittima e da Campiglia, cittadine non tanto a vocazione agricola, quanto mineraria (ferro e rame). Altri operai provengono da Montieri (miniere di rame e pirite), Gavorrano e Montecatini Val di Cecina (zona boracifera), pure Monterotondo, Larderello, Castelnuovo Val di Cecina, Sasso Pisano, Serrazzano, Lustignano, zone estrattive come Santa Fiora e Sorano, Gambassi, Roccastrada e Ribolla. I nuovi piombinesi provengono in gran parte da cittadine minerarie, sono ex minatori attratti dal miraggio di un lavoro in fabbrica, ritenuto (non a torto) più sicuro e meno pericoloso. La nuova forza lavoro è fatta anche di ex braccianti e salariati agricoli, ma non sono la quota maggioritaria, soprattutto non troviamo quasi mai ex mezzadri e piccoli proprietari agricoli, che sono i più refrattari ad abbandonare la terra.

Nel 1896, i primi circoli socialisti nascono proprio nelle città minerarie e sono questi lavoratori che vanno a comporre la parte principale della classe operaia piombinese. Il movimento sindacale non nasce sulle ceneri di contadini senza terra ma da ex minatori, energici e combattivi, che si segnalano subito come capi carismatici e organizzatori sovversivi, fino a proporsi come i veri fautori dello sciopero del 1911. Una parte della classe operaia piombinese è di origine campagnola, ma sono soprattutto braccianti agricoli, boscaioli e carbonai provenienti da Sassetta, Suvereto, Bibbona, Volterra, Montescudaio, Cascina e Pomarance. Tutta gente combattiva (soprattutto i boscaioli), una via di mezzo tra contadini e operai, già impegnati in esperienze cooperative e come organizzatori di leghe di resistenza e di lotte per il lavoro. Il fenomeno dell’abbandono delle attività agricole, invece, interessa soprattutto i terreni adiacenti alla città fabbrica, dove la presenza di una grande industria funge da polo di attrazione. L’offerta da parte dell’industria di paghe giornaliere più alte di quelle in uso in campagna porta gli agricoltori a non poter sostenere la concorrenza con gli industriali. La popolazione rurale è localizzata in case coloniche che sfruttano ampi lotti di terreni agricoli in modo sempre meno razionale, contando su mano d’opera scarsa.

La grande industria nascente a Piombino porta la decadenza delle attività agricole cittadine con la conseguente necessità di importare prodotti della terra dai centri limitrofi. L’agricoltura decade a Piombino ma trova grande sviluppo nella pianura campigliese, soprattutto tra Venturina e Suvereto, leitmotiv che diventa una costante storica. Piombino è mercato privilegiato per i prodotti agricoli che vengono coltivati (di solito da mezzadri) in tutta la valle del Cornia, ormai non solo per autoconsumo, ma anche a fini di esportazione verso la città fabbrica. Tra le produzioni più importante della zona di Venturina: coltivazione del grano, legname, allevamento del bestiame e barbabietola da zucchero.

Per concludere, la classe operaia che si sta formando a Piombino nei primi anni del Novecento può dirsi di estrazione agricola (bracciantile) e mineraria, una vera e propria caratteristica della nostra zona, un punto di forza distintivo. I socialisti sono fortissimi tra Piombino e Venturina, nella zona di Montecatini Val di Cecina, a Gavorrano e Scarlino, Portoferraio e Rio Marina, fino al golfo di Follonica, passando per Monterotondo e Orbetello. I quadri del sindacato provengono dai minatori, lavoratori organizzati per eccellenza, che si devono occupare dei diritti e delle esigenze di tutti gli operai della zona.

A Piombino e luoghi limitrofi non abbiamo soltanto addetti alla grande industria, ma anche lavoratori di piccoli opifici, industrie minori, miniere e stabilimenti di dimensioni più modeste (Portoferraio). Diciamo che dal 1911 in poi la controparte degli operai diventa una sola: l’Ilva, che tende ad acquisire ogni attività imprenditoriale del territorio, rivestendo una posizione dominante.

La Camera del Lavoro di Piombino, Elba e Maremma - fondata alla fine del 1907 - organizza anche tutto il territorio delle Colline Metallifere, sconfinando per brevitratti nella provincia di Pisa, per lungo tempo autonoma da Livorno e Grosseto. La caratteristica del movimento operaio piombinese è quella di avere un unico sindacato di operai metallurgici e minatori, favorita anche dalla presenza di molti lavoratori delle miniere tra i nuovi metalmeccanici.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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