Attualità domenica 05 gennaio 2025 ore 07:05
Via Cavallotti e via della Resistenza

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Via Cavallotti e via della Resistenza" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni
PIOMBINO — Via Cavallotti comincia da via Portovecchio, con il ricordo dello storico Bar Elba di Sauro Tani, prima che diventasse Sushi alla moda, dove si comprava - unico locale di Piombino! - la vera schiaccia briaca di Rio Marina e la Grappa dell’Elba. Quando termina via Carlo Pisacane, se prosegui dritto incontri via Portovecchio, finisci in una strada che porta a un’antica stazione merci, tra capannoni industriali fatiscenti. Invece, se giri a sinistra sei in via Cavallotti, anche se non ci son più i grandi condomini, le chiostre d’un tempo, gli spazi aperti e gli immensi cortili. Un muro separa la città dal niente, in attesa del domani, intanto il cielo azzurro fa bella mostra di sé, senza capannoni industriali, senza ciminiere, privo di ferriere. Se prosegui nel tuo viaggio trovi il fantasma del defunto Bar Imperia, fiaschetteria di poveri operai dove mio nonno beveva vino rosso, come se fosse stato in un film di Pietro Germi. Adesso l’Imperia non c’è più, hanno provato a farci altro, cose moderne come piadinerie e negozi di fast-food, niente è durato; a un dipresso una modesta rivendita di pane, mentre più avanti il forno di Vito vende schiaccia e pizza giorno e notte. In via Cavallotti c’era una traversa a fondo chiuso tra due caseggiati comunali demoliti nei primi anni Sessanta, chiamata via Corta, un luogo dove son stato ma ero piccolo, me lo ricordo come un sogno. Al suo termine, alla sinistra, si apriva una chiostra dove c’era un’ampia cisterna coperta da una grossa pietra circolare, ricorda Mauro Carrara in un testo storico sulle strade di Piombino. Non è facile ricordare che la prima sede della pasticceria Pastori con il suo laboratorio artigianale è stata proprio in via Cavallotti. Le paste più buone di Piombino poi si son trasferite in corso Italia, angolo via Ferrer, luogo magico che molti chiamavano (scherzando) Pastorillo, perché tra il negozio di vestiti di Cirillo e la pasticceria passavano il tempo gruppi di ragazzi che tiravano tardi fino a sera. Le Acciaierie, quel che resta del passato, proseguono nel deserto infinito di via della Resistenza che - al punto in cui siamo, senza prospettive, senza niente - ribattezzerei via della Desistenza. I palazzi operai di villaggi ormai cadenti, cancellate in ruggine ossidata (il ferro proprio non esiste) e il bocciodromo all’aperto, dimenticato e distrutto, alla mercé di piante rampicanti e d’erbe infestanti. La stessa fine del Circolino delle Acciaierie, un tempo polmone culturale, dove andavi per cinema e teatro, feste danzanti, presentazioni di libri e mostre d’arte. Adesso giungla di città, perduta la speranza che prima o poi risorga qualcosa proprio qui, in via della Resistenza, dove resistere fa parte del passato. Certo, resistono i campi da tennis della Magona, c’è il Centro Giovani (dove i giovani vanno poco) per mostre e convegni, persino cinema, infine una palestra per allenamenti, succursale del palazzetto dove il Piombino basket gioca in serie B. È la palestra dove son stato a veder giocare la pallacanestro (la chiamavamo così negli anni Settanta), quando avevo (credo) sedici anni, dopo la partita di calcio allo Stadio Magona, irrinunciabile per me che son nato nel calcio, tempi lontani di emozioni sportive equamente ripartite. Poco altro, se non uno spazio dove far correre cani, un tempo parco giochi per bambini dove andavo con mio padre ogni sabato a giocare. Di tanti ricordi davvero poco resta, un po’ come la speme del poeta…
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