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Attualità domenica 27 agosto 2023 ore 06:00

​Via Collodi, via Capuana, Hotel Collodi, Il Piave

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi con Giovanni Del Pia ripercorrono la storia di un pezzo di città



PIOMBINO — In questa puntata del blog ospito un interessante intervento di Giovanni Del Pia (ex telecronista e redattore di Rete Toscana Sud negli anni Ottanta) su due luoghi importanti della nostra città, adesso dimenticati e in abbandono.

Ogni città, ogni paese, ogni frazione è composta da strade con nomi di vie, piazze e vicoli. Normalmente i nomi di queste sono legati a personaggi della cultura, della politica, della letteratura, talvolta a città, nazioni, oppure a episodi storici (viale Unità d’Italia, viale del Popolo, ad esempio). A Piombino, nella zona vicino alla stazione ferroviaria, ci sono due vie che nel passato hanno avuto intensa vitalità. Parlo di via Luigi Capuana e di via Carlo Collodi. 

Chi erano questi due personaggi? Il primo, meno noto (a parte noi poveri studenti del classico chi lo ricorda? nota Lupi), nativo di Mineo (Catania), visse tra la metà del 1800 e i primi del 1900 (morì nel 1915). Scrittore, critico letterario, giornalista, filosofo, fu considerato l’ideologo del verismo insieme a Giovanni Verga. In questo movimento letterario ritroviamo le questioni socio-culturali dell’epoca con particolare attenzione ai costumi e alle usanze del meridione, nettamente diverse da quelle del Nord Italia. Carlo Collodi (alias Carlo Lorenzini), invece, nato a Firenze nel 1826 e morto nella stessa città nel 1890, scrittore e giornalista, divenne famoso per Le avventure di Pinocchio, un classico della letteratura mondiale, tradotto in oltre 240 lingue. Narrata la storia dei due personaggi, ecco come queste due vie piombinesi apparivano negli anni Settanta e come sono oggi.

Partiamo da un presupposto. Piombino aveva una stazione ferroviaria importante, sia in partenza che in arrivo, addirittura c’era un treno con corse di andata e ritorno verso il porto (stazione di Piombino Marittima), dove ci si imbarcava per l’Isola d’Elba. Erano i tempi che i binari arrivavano sino al molo, proprio davanti al traghetto e un brutto giorno la littorina finì la sua corsa in mare, per fortuna senza feriti, solo con tanta paura. Quindi c’era un andirivieni di persone ogni giorno, la stazione era ben curata, aveva biglietteria, bar, edicola, bagni decenti e all’esterno faceva bella mostra una vasca con i pesci rossi, all’interno di un bel giardino (curava tutto un ferroviere di nome Romano, non ricordo il cognome, nota Lupi). Di fronte alla stazione c’era l’Hotel Piave, chiuso definitivamente nei primi anni Duemila, una bella struttura con annesso ristorante, punto importante di sosta per chi andava all’Elba o si doveva fermare in città, ma non solo, visto che aveva una grande sala interna spesso si festeggiavano matrimoni e ricorrenze. Alla destra di via Piave, inizia via Collodi, anche questa un tempo molto vissuta. C’erano due alberghi: l’Hotel Collodi, chiuso negli anni Duemila, di proprietà della famiglia Barlettani, e un’altra struttura più modesta, una pensione, poco prima della fine della strada. Un piccolo negozio di alimentari si trovava sulla sinistra, prima dell’Hotel Collodi; ricordo ancora il profumo della schiaccia e dei panini che compravo prima di andare a scuola. Sulla destra il supermercato alimentare Galli & C., inizialmente un vero e proprio emporio dove si poteva comprare di tutto (ingresso da via Capuana). Alla fine degli anni Settanta divenne un grande supermercato, chiamato Centro Spesa, ed ebbe un tale successo che i proprietari aprirono un punto vendita anche a Salivoli, in Lungomare Marconi, dove adesso troviamo il negozio Acqua e Sapone. Ai tempi non esistevano registratori di cassa con lo scontrino, vedevi il titolare (spesso con la penna appoggiata dietro l’orecchio) fare i conti a mano su un pezzo di carta: era un fenomeno tipico di quegli anni. Tornando all’Hotel Collodi, è stato uno degli alberghi più prestigiosi della città, non solo come punto di appoggio per chi doveva recarsi all’Isola d’Elba, ma anche come locale di riferimento per gli artisti che venivano a esibirsi a Piombino. Ricordo una sera dei primi anni Settanta, la folla per strada acclamare il famoso cantante Albano, ospite in città.

Se apriamo gli occhi, dopo aver assaporato i ricordi, vediamo una situazione ben diversa: stazione ferroviaria fantasma (chiusi bar, biglietteria, edicola …), albergo Il Piave chiuso e in abbandono (era il punto di ritrovo domenicale dei giocatori del Piombino prima delle partite casalinghe, negli anni Settanta - Ottanta). Torniamo a via Capuana e via Collodi. All’inizio della prima, sulla destra, si trova un’attività di smercio vini, da tempo chiusa che espone un cartello vendesi. L’Hotel Collodi non esiste più, l’edificio ha avuto una nuova destinazione d’uso con la creazione di mini appartamenti per turisti. Dove c’era il Centro Spesa adesso vediamo il garage La Stazione (ingresso auto da via Capuana), nello stabile più avanti, dove esisteva un modesto albergo (chiuso da decenni), resta una villa stile liberty in abbandono e in totale degrado. Tutto il quartiere è abbastanza disastrato, basta dare uno sguardo in giro per rendersene conto. Non sono trascorsi cent’anni da questi ricordi che risalgono agli anni Settanta - Ottanta, quindi spero che si possa recuperare almeno parte di quel passato vitale di una Piombino attiva e prosperosa che ha vissuto un grande periodo storico, anche nelle sue strade di periferia.

In conclusione vi ripropongo le mie considerazioni sul quartiere, visto che ho vissuto molti anni tra via del Chiassatello e via Regina Margherita (1972 - 1985).

Viale Regina Margherita è la strada dove ho trascorso il tempo della mia adolescenza, ma anche i suoi paraggi sono stati il mio piccolo mondo: via Collodi, via Salgari, fino a piazza Ferruccio Niccolini con la Stazione Ferroviaria. Percorrevo viale Regina Margherita per andare a scuola, ogni mattina, diretto verso via Cavour e un vecchio liceo che non c’è più; la domenica quando il Piombino giocava in casa andavo allo stadio, proprio sopra casa mia, in via del Chiassatello; durante la settimana, per allenarmi, facevo un breve tratto di quel viale che conduce al porto, un tempo infausto chiamato viale Adolfo Hitler. Viale Regina Margherita era sede - per fortuna lo è ancora - di quello Stadio Magona dove la mitologia di una partita con la Roma resiste, nonostante tempi calcisticamente grami. Via Collodi, invece, ospitava un hotel, adesso tristi appartamenti che del vecchio albergo conservano solo il nome, dove alla reception lavorava la zia di un mio amico. Ci capitavo spesso in via Collodi, dove viveva pure la nonna dello stesso amico, proprio accanto all’albergo, vicino al Centro Spesa del Galli, il negozio preferito da mia madre per fare acquisti. Era bello l’Hotel Collodi, come erano eleganti le due villette stile liberty edificate in mezzo ai palazzi, tra giardino e antiche strutture, affogate da un’edilizia popolare che negli anni Sessanta procedeva spedita. Ville decadute, ormai; la prima, che si affaccia su viale Regina Margherita ancora resiste, l’altra, in via Collodi, pare la casa degli orrori, uno stabile sul punto di cadere a pezzi, due piccioni crocifissi alle inferriate del balcone, un giardino infestato da erbacce, la facciata distrutta dal tempo, le persiane ossidate, gli infissi cadenti. Via Collodi non è più la stessa, purtroppo, adesso è una strada buia intrisa di ricordi che conduce al nuovo ingresso dello stadio, in via Salgari, dove non c’è più il Campino Marrone, altro simulacro perduto, luogo dove tutti abbiamo giocato a calcio sbucciandoci i ginocchi sulle pietre dure. Un ultimo sguardo ai luoghi della mia adolescenza mi porta alla Stazione, in piazza Ferruccio Niccolini, dove un tempo sorgeva Il Piave, albergo ristorante dove si dormiva con poco e si mangiava bene a prezzi modici. Il Piave ancora oggi è per me legato al ricordo di un campionato vinto, di un Piombino promosso in serie D, dirigente Franco Luzzetti, ero ospite alla cena per festeggiare la promozione e - vi giuro che non sto mentendo! - rammento ancora il sapore di quei muscoli conditi con olio e limone, di quella frittura di paranza, di quel risotto di mare. Il Piave abbinato a un ricordo calcistico, come la discoteca Joyce di Salivoli, pure lei scomparsa tra le pieghe del tempo, molti anni prima era stata il luogo dove festeggiare un’affermazione nerazzurra, con la televisione locale, Rete Toscana Sud, della quale vi ho parlato spesso. Adesso mi consola vedere che la facciata del Piave è in ristrutturazione. Non so che cosa ci faranno, forse i soliti anonimi appartamenti, probabilmente un locale, ma l’insegna è tornata al solito posto, il nome e la piccola storia della mia Piombino perduta non si dimenticano.  

Articoli di Gordiano Lupi con la collaborazione di Giovanni Del Pia

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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